John Adams il contemporaneo

The Gospel according to the other Mary

Autore: Matteo Macinanti

31 Ottobre 2018

“Non chiederci la parola che squadri da ogni lato…”: se tante volte appare scolastica e pedante la smania di affibbiare ad un autore un aggettivo che tenti, inutilmente, di racchiudere e circoscrivere il suo operato artistico, questa volta il lettore dovrà perdonare tale contravvenzione.
Al termine della nostra chiacchierata con John Adams nel camerino dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ci è apparso chiaro infatti come la “contemporaneità” sia una cifra caratterizzante del suo stile.
Certo, Adams è contemporaneo innanzitutto perché la sua vicenda umana si sta svolgendo nello stesso periodo storico di chi scrive e di chi sta leggendo.
Ma non è solo per questioni anagrafiche che il nostro compositore può essere definito tale.
Raccontando ai giornalisti la sua opera-oratorio “The Gospel according to the other Mary”, la cui prima esecuzione italiana è in programma per il 2-3-4 novembre all’Accademia, John Adams mette subito in luce la caratteristica intersezione di piani e livelli differenti il cui vettore comune è la vicenda dell’Uomo-Dio che fa da sfondo alla sua composizione.
Essa racchiude in sé due piani temporali notevolmente distanti: quello archetipico della Bibbia e quello dei nostri giorni. 
Il libretto, opera di Peter Sellars, mischia tra di loro brani del Vecchio e Nuovo Testamento con testi di Dorothy Day, giornalista e attivista americana morta nel 1980, le poetesse Rosario Castellanos e June Jordan, la scrittrice Louise Erdrich, il poeta Rubén Darío e il nostro Primo Levi.
Tale multitemporalità non è presente solo a livello di scenario, bensì investe anche lo stesso stile di scrittura compositiva. Come spiega Adams, la “collusion” tra antico e odierno si attua in termini musicali con la scelta di un organico davvero variegato: il basso elettrico dialoga con l’orchestra classica a cui viene aggiunto il tocco medievale dei controtenori.


Anche il plurilinguismo del libretto riflette un’ulteriore “simultaneità contemporanea”: all’inglese viene talvolta affiancato lo spagnolo. Tale scelta non è casuale: vivendo in California, terra di disuguaglianze economiche tali da accomunare la Silicon Valley con uno dei tassi di povertà più alti degli States, John Adams intende mettere una luce anche sulle condizioni estreme a cui sono costretti a lavorare gli ultimi della società, spesso ispanofoni.
L’opera di Adams non è infatti per nulla avulsa da un messaggio sociale e da un quadro di valori di riferimento: se da giovane l’interesse del compositore era rivolto all’attenzione minuziosa dei piccoli dettagli ora egli descrive se stesso come il pittore di una grande tela che viene campita per mezzo di una tavolozza variegata. Non più le note singole bensì una musica portatrice di valori sociali e umani. Conseguenza primaria di questa svolta “sociologica” è il venire meno di quell’ironia che invece è una marca distintiva del postmoderno. “From the heart!” dice colpendosi il petto: la musica di The Gospel viene calata dal compositore nei “troubling times” che caratterizzano l’evo nostro. Pittsburgh, Trump e persino #MeToo sono solo alcuni degli eventi, personaggi e volti che formano la costellazione delle coordinate – a priori e a posteriori – entro cui prende vita la vicenda di The Gospel.
Non è un caso che il Vangelo in questione non sia uno dei canonici, bensì quello dell’“altra Maria”, la Maddalena: simbolo e archetipo, per Adams e Sellars, delle donne abusate e violentate.
È proprio una donna, imperfetta ma alla ricerca della Grazia, la testimone dell’incredibile vicenda di un uomo, Gesù, al quale essa è legata sia sentimentalmente che spiritualmente.
Nel dipingere la sua tela musicale, Adams si ispira alle raffigurazioni medievali della Crocifissione:[blockquote cite=”John Adams” type=”left”]”Quando guardi i dipinti di storie del Vangelo, in particolare quelle del nord Europa medievale, vedi la vita che viene vissuta in quel momento. Mentre Giovanni battezza o Gesù porta la croce, in un altro angolo della tela qualcuno sta lavorando in un campo, una madre sta partorendo, un cane sta annusando un osso. Questa mescolanza del divino in mezzo alla “villania” della vita rende queste persone e le loro storie ancora più reali e credibili […] Quello che stai vedendo sono macabre esecuzioni eseguite in spazi pubblici, mentre altrove nel dipinto le persone vivono la loro vita quotidiana, forse persino inconsapevoli della violenza che sta avvenendo”.[/blockquote]

Gesù, poveri, vangeli, Roma… che anche Papa Francesco sia stato invitato allo spettacolo?
“Penso che abbia cose più importanti da fare” risponde sorridendo John Adams.


Matteo Macinanti

(foto di copertina presa da cantaloupemusic.com)

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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