Zlata Chochieva tra Chopin e Rachmaninov

Una lunga chiacchierata con una delle pianiste più interessanti del panorama russo contemporaneo

Autore: Filippo Simonelli

30 Settembre 2018

Zlata Chochieva è stata una delle presenze di punta del Festival Bartolomeo Cristofori di Padova. Le sue prime apparizioni venete risalgono addirittura al 2012, a ridosso dell’incisione chopiniana che le avrebbe effettivamente cambiato la carriera. Da allora la sua musica l’ha portata in tutto il mondo, ma con delle costanti fondamentali come Rachmaninov e Chopin, presenti nel programma tanto nel 2012 quanto ora. Del suo concerto vi avevamo già parlato qui, ma aver avuto l’occasione di incontrarla di persona offre la possibilità di andare più a fondo, a partire dal suo grande amore viscerale per Chopin.

 

Ho un rapporto di lunga data con la musica di Chopin. Quando ero ancora al conservatorio ho iniziato a studiare i suoi primi studi, e col tempo ho preso sempre più confidenza con la sua musica fino a quando non ho avuto addirittura il coraggio di portarli tutti (quelli dell’op. 25) al mio esame di diploma. Affrontare gli studi di Chopin come un unico corpo mi ha aiutato a capire come siano stati concepiti dal compositore, un vero e proprio ciclo e non una serie di pezzi difficili da studiare per affrontare una serie di diverse problematiche tecniche. Ho capito che dietro la raccolta c’era una storia.

Nel 2012, poi, dopo aver già avuto il mio debutto in sala d’incisione, stavo parlando di possibili progetti futuri con il produttore di Piano Classics: perché non incidere tutti gli studi (le raccolte sono l’op. 10, op. 25 e i Trois Nouvelles Etudes B. 130)?

Dopo averci riflettuto un po’ ed aver ripreso la mano con la musica, mi sono resa conto di avere ancora un forte legame con ciascun brano. Ma sentivo che era necessario fare qualcosa di più rispetto a quando ero una studentessa. Affrontare i brani con un piglio radicalmente nuovo, per dire qualcosa di nuovo, oppure rinunciare del tutto.

Sappiamo come è andata a finire.

Hai mai scelto un modello, un pianista da seguire, una registrazione a cui ti sentissi particolarmente legata?

No, non ho scelto una registrazione di riferimento per costruire un paragone. In realtà di solito cerco sempre di affidarmi a quel che c’è scritto sul pentagramma quando devo preparare l’interpretazione di un nuovo brano, poi eventualmente cerco di ascoltare qualcosa ma solo una volta che la mia idea sia già ben chiara. Con gli studi è stato così: avevo deciso di cambiare tutto il significato della parola etude, non più legata letteralmente al virtuosismo, ma diventava ora legata quasi a dei disegni, degli acquarelli.

Eppure oggi sono proprio le sue incisioni ad essere diventate un punto di riferimento. Non solo le prime recensioni sono state entusiastiche, ma è arrivato addirittura il riconoscimento di Gramophone che ha inserito la raccolta di Zlata Chochieva tra le 50 migliori incisioni chopiniane di sempre.

Accanto a Chopin, Rachmaninov è uno dei cavalli di battaglia del suo repertorio. E ne parla in maniera entusiasta, quasi con un tratto di devozione.

Quando quest’estate è stata pubblicata una nuova registrazione di Rachmaninov al pianoforte, ero incredula. Rachmaninov è un musicista unico, proprio per queste possibilità che abbiamo di ascoltare effettivamente la sua musica suonata da lui. Certo, è inutile cercare di imitarlo, ma si può imparare molto dalle sue esecuzioni e capire la sua poetica. Ma per capire Rachmaninov bisogna partire ancora da prima, ascoltare le romanze: se non conosci la musica per canto e pianoforte, non riesci ad apprezzarne il repertorio pianistico. Certo, l’idea di ascoltare il più possibile di ogni musicista vale per tutti, ma con Rachmaninov abbiamo la possibilità eccezionale di sentire la sua musica esattamente come la voleva e la pensava lui stesso, in prima persona.

Sono fortemente convinta che Rachmaninov sia stato veramente il più grande pianista della storia, sia per quello che ha lasciato scritto per lo strumento sia per come ha inciso, la sua musica e quella di altri compositori. Sono veramente dei tesori incredibili, queste registrazioni.

Registrare gli Etudes Tableaux è stato molto complesso, anche per questo. Ma anche per una sorta di legame profondo: sentivo che non avrei potuto incidere gli Etudes, o meglio non lo avrei potuto fare adeguatamente come volevo, senza aver visitato i luoghi di Rachmaninov, la sua magione di Ivanovka, dove ha composto più della metà della sua musica. Si recava lì ogni estate fino a che non si è poi definitivamente trasferito negli Stati Uniti, ed in effetti anche quei luoghi portano ancora con sé quel qualcosa di speciale che lo ha inspirato.

Non a caso oggi il luogo in cui Rachmaninov villeggiava è diventato un museo quasi di culto, ed è al centro di un documentario della BBC del 2006 dedicato proprio al pianista russo.

 

Ivanovka

La tenuta di Ivanovka, oggi

Ovviamente questi sono solo dei punti di partenza. Ad oggi Zlata Chochieva ha all’attivo un buon numero di incisioni, ma tutte da solista. Eppure il repertorio cameristico è il suo pane quotidiano, e con le orchestre la confidenza non manca di certo.

Mi piacerebbe finalmente affrontare i concerti di Rachmaninov con l’orchestra, ma è difficile trovare la giusta predisposizione, il giusto approccio per incidere una musica così complessa già da soli, l’incontro con l’orchestra e la sincronia con il direttore sono ancora più difficili. Certo, adoro suonare con l’orchestra, soprattutto i concerti di Prokofiev, Tchaikovski e Shostakovic e anche qualcosa di più insolito come il concerto di Rimsky-Korsakov. Anche la musica contemporanea russa sta portando grandi risultati, ma ogni volta che poi mi trovo di fronte ad un pezzo romantico non posso fare a meno di continuare a suonarlo, a scoprire qualcosa di nuovo e meraviglioso in Schumann o Schubert, ad esempio.

 

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

Written by Filippo Simonelli

Fondatore di Quinte Parallele, Alumnus LUISS Guido Carli, Università Cattolica del Sacro Cuore e Conservatorio di Santa Cecilia

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