Dai Berliner ad Utrecht

Intervista ad Amihai Grosz

Autore: Alessandro Tommasi

12 Gennaio 2020

Prima viola dei Berliner e membro fondatore del Jerusalem Quartet, Amihai Grosz è uno dei volti più noti dell’orchestra berlinese, che gli ha dedicato recentemente un ritratto sulla Digital Concert Hall, e uno dei massimi violisti della scena internazionale. Lo incontro ad Utrecht, in occasione del Festival di Musica da Camera Janine Jansen & Friends, di cui è ospite regolare. Del Festival fondato dalla celebre violinista Amihai Grosz sarà direttore artistico per l’edizione 2020, che si terrà dal 27 al 30 dicembre nella splendida città olandese. Non c’è molto tempo per le chiacchiere nel forsennato piano prove e l’intervista si incastra nei nove minuti di stacco tra la Serenata per due violini e viola di Kodály e il Divertimento per archi di Bartók, i due brani che di lì a poche ore avrebbero concluso il grande concerto finale del Festival 2019.

Beh. Direi che non c’è tempo da perdere!

Daje!

Andiamo diretti con la prima domanda: come riesci a tenere insieme l’essere un solista, un camerista e un orchestrale?

Ciò che mi permette di tenere tutto insieme è che mi sento davvero fortunato in questa posizione. Come puoi immaginare è difficile, devi cambiar d’abito così spesso!, ma da ogni tuo ruolo porti con te le cose più importanti. Da solista, sapere cosa significhi stare in orchestra ti permette una flessibilità straordinaria. D’altro canto, suonare in orchestra ti dà un ampio sguardo orizzontale sulla musica da camera. Quando conosci il suono di un’orchestra, di una Sinfonia di Bruckner o di Mahler ad esempio, beh, questo ti dà delle proporzioni diverse. E poi c’è la musica da camera stessa, che è parte di me. Sono cresciuto facendo musica da camera, suonando e condividendo emozioni, sensazioni. È difficile tenere tutto insieme, sì, qualche volta pensi di non riuscire a farcela, che sia semplicemente troppo, ma poi ti ricordi quanto sei fortunato e questo ti dà nuova forza.

Amihai Grosz e Janine Jansen per il Festival di Utrecht 2020

Ormai sono più di otto anni da quanto hai iniziato la tua esperienza con i Berliner Philharmoniker. Cos’è cambiato nell’orchestra e cos’è cambiato in te?

Partendo dalla fine, abbiamo un nuovo direttore musicale e sono fortunato ad essere parte di questa transizione. A volte passi una vita in un’orchestra senza aver modo di sperimentarla e credo che questo passaggio ci darà una visione completamente nuova. Kirill Petrenko è semplicemente incredibile ed io sono felicissimo di questa scelta, è davvero meraviglioso! Per quanto riguarda me, invece, beh, in quanto normale essere umano, quando sei in un determinato ambiente già da diversi anni inizi ad abituarti. Ed è positivo, certo, ma bisogna ricordarsi di non prendersela troppo con comodo, anche se non è che ce la si possa prendere proprio comoda nei Berliner, il livello è troppo alto. Però ho trovato altre cose da godermi, che non siano solo l’eccitazione del far parte di quest’orchestra, ad esempio esplorare nuove idee dei brani che conosci e che senti ormai fin sotto la pelle, come le Sinfonie di Brahms o Schumann. Non sono un direttore, chiaro, ma anche da prima viola puoi cercare sempre nuovi approcci.

E recentemente hai deciso di darti di più al solismo.

Era tutto già nelle mie maniche, ho sempre suonato come solista, ma ora ho semplicemente compreso che volevo farlo di più, tutto è diventato più chiaro. Suonare come solista è molto importante per me.

Perché?

Perché credo di avere qualcosa da dire! Se pensassi che la mia voce fosse solo quella cameristico o orchestrale, non mi ci dedicherei così tanta attenzione, ma suonare da solista mi dà moltissima fiducia in me, mi chiede di trovare il mio suono, la mia interpretazione, la mia voce. Per questo è così importante, non solo per la fama!

Amihai Grosz con Rattle e i Berliner Philharmoniker. Foto di Monika Rittershaus

 Questo riguarda anche la composizione di nuovi brani?

Certamente! Specialmente per la viola, vuoi decisamente avere nuovo repertorio ed essere tu a suonarlo.

Pensi che questa nuova attenzione al solismo cambierà anche il modo in cui suonerai da camerista e da orchestrale?

Sì, il discorso è lo stesso della prima domanda. Tutto sta cambiando, l’intero triangolo solista-camerista-orchestrale.

E come si inserisce in questo triangolo il Festival di Musica da Camera di Utrecht?

Ah, quella è un’avventura… Ho sempre voluto farlo, penso che sia la stessa emozione di un direttore che crea la propria orchestra. Sei tu a decidere chi, cosa, quando. È un’altra parte di te che vuoi offrire al mondo. E sono molto onorato di aver ricevuto questo incarico, voglio creare qualcosa di speciale, non solo per noi musicisti ma anche per il pubblico, qualcosa che sia mio, che sia, ancora, la mia voce, la mia idea. Non fraintendermi, questo sarà sempre il festival di Janine, l’ha creato lei!, io sono solo il prossimo a prendermene cura e dovrò pensarci con grande attenzione: chi voglio far suonare insieme e che repertorio. Voglio che il Festival sia all’altezza del livello che ha avuto fino ad oggi. Vedremo come andrà!

Hai già qualche idea in merito?

Prima di tutto, molto importante, squadra che vince non si cambia: quando hai qualcosa di magnifico come questo Festival, non ne vuoi cambiare il cuore. Semmai proverò a portare un po’ delle mie radici, essendo io israeliano, e forse riuscirò a portare qualche idea mediorientale, giusto un poco! Poi ovviamente il fatto che io suoni nei Berliner Philharmoniker è parte di me, quindi portare qui alcuni dei miei colleghi per suonare musica da camera sarebbe meraviglioso. Insomma, voglio che il pubblico possa avere lo stesso Festival di sempre, ma con un po’ di me, che significa anche come io vedo, come io percepisco questo Festival, senza però avere grandi stravolgimenti: questo è già un Festival incredibile!

Alessandro Tommasi

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

Written by Alessandro Tommasi

Viaggiatore, organizzatore, giornalista e Pokémon Master, studia pianoforte a Bolzano, Padova e Roma e management culturale alla Rome Business School e alla Fondazione Fitzcarraldo. È Head of Artistic Administration della Gustav Mahler Jugendorchester e direttore artistico del Festival Cristofori e di Barco Teatro. Nel 2021 è stato Host degli Chopin Talk al Concorso Chopin di Varsavia. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro, dedicato all'opera pianistica di Alfredo Casella. Dal 2019 è membro dell'Associazione Nazionale Critici Musicali.

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