Richard Strauss e la "Sinfonia delle Alpi"

Richard Strauss (1864 – 1949) iniziò a lavorare al suo celebre poema sinfonico Eine Alpensinfonie (in italiano Sinfonia delle Alpi o Alpestre) a partire dal 1900, eppure ci vollero ben quindici anni prima che egli riuscisse a completare quest’opera, attraversando quello che si sarebbe poi rivelato come il periodo di gestazione più lungo di qualsiasi altro suo lavoro. Sappiamo che il 28 gennaio del 1900 Strauss ipotizzò di scrivere un poema sinfonico dal titolo Der Sonnenaufgang (L’Alba). Quest’idea confluì poi nel suo processo compositivo. In seguito Strauss, sempre nel 1900, pensò a un brano programmatico intitolato Eine Künstlertragödie (Tragedia di un Artista). Questo titolo voleva rispecchiare la vita di Karl Stauffer-Bern, pittore e scultore svizzero del XIX secolo morto suicida noto per le sue vicende amorose tormentate noto e i suoi ritratti. Nei dieci anni seguenti questo progetto musicale fu messo da parte e Strauss iniziò a lavorare ad una sinfonia in quattro movimenti chiamata semplicemente Die Alpen (Le Alpi). I movimenti erano rispettivamente intitolati Scalata della Montagna, Rustica allegria, Sogni e Spettri e Libertà. Più tardi Strauss optò per una struttura in soli due movimenti. Ma proprio questo periodo, Strauss diede una definitiva priorità alla composizione per il teatro, ottenendo una serie di successi straordinari con opere come Salome (1905), Elettra (1909) e il Cavaliere della Rosa (1911). Lo stimolo decisivo per un ritorno immediato alla composizione dell’Alpensinfonie fu certamente la morte prematura nel 1911 del suo amico, il compositore e direttore d’orchestra Gustav Mahler. Tuttavia, quando riprese questo progetto, il titolo e l’intento del lavoro era ancora incerto. Secondo un’entrata del 19 maggio 1911 nel suo diario personale, Strauss intitolò il lavoro Der Antichrist (L’Anticristo) affinché fosse espressione e testimonianza della “purificazione morale dell’uomo grazie ai suoi soli sforzi, la liberazione dal lavoro, il culto dell’eterna, splendida natura.

Dunque l’iniziale concezione del programma della musica transitò verso una prospettiva nietzscheana. La parola anticristo infatti, è un chiaro riferimento all’omonimo libro del filosofo tedesco, il quale scagliandosi in maniera virulenta contro la religione parla della fede cristiana come l’unica immortale macchia d’infamia dell’umanità. Tuttavia questo titolo fu abbandonato nel 1915 dopo che Strauss terminò di orchestrare la musica, dissolvendo ogni legame con Nietzsche, in favore semplicemente del titolo Sinfonia delle Alpi. Certamente Strauss avrebbe potuto sottoscrivere con tutto il cuore l’omaggio a Nietzsche ma, tralasciando per un attimo il contenuto a programma e l’impronta estetica bavarese, quest’opera conserva ancora oggi al suo interno un intento pagano, esoterico e filosofico, reliquia di tutte le versioni precedenti. Anche se ben poco di questa idea iniziale è sopravvissuta alla versione finale, è certo che Strauss abbia combinato l’esperienza della natura nel mondo alpino con le sue convinzioni filosofiche personali. Quando egli nel 1900 pensava ancora di scrivere un poema sinfonico sulla vita tragica di un artista, il cosiddetto “motivo dell’Ascesa” spesso era ancora definito come il “tema dell’Uomo”. Ecco perché un’interpretazione della Sinfonia delle Alpi come una sorta di allegoria della vita umana è una scelta ancora valida e ampiamente trattata dalla critica.

Finalmente, nel Febbraio del 1915, Strauss completò la Sinfonia delle Alpi, il suo ultimo lavoro in questo genere musicale dopo anni di gestazione travagliata. Il 28 ottobre dello stesso anno egli diresse personalmente la prima esecuzione nella vecchia Sala della Filarmonica di Berlino. I suoi precedenti otto poemi sinfonici – composizioni per orchestra in un unico movimento con titoli e prefazioni che legano la musica a lavori letterari (o generalmente extra-musicali) – avevano reso Richard Strauss uno dei compositori più celebri e controversi della sua epoca. Strauss abbandonò il genere del poema sinfonico, scegliendo in gran parte di dedicarsi al mondo dell’opera e alla musica orchestrale senza programma. La Sinfonia delle Alpi segna davvero la fine di quest’epoca, sia per lo stesso Strauss sia per la musica tedesca in generale, poiché dopo la Prima Guerra Mondiale il gigantismo sinfonico e i grandi lavori romantici avrebbero iniziato poco a poco ad estinguersi. È curioso, inoltre, come nonostante questo poema sinfonico sia stato completato mentre gli orrori della guerra devastavano gran parte dell’Europa, Strauss non lasci intravedere alcun episodio storico o presa di posizione politica, rimanendo concentrato sulla rappresentazione del paesaggio in musica. Eppure, il virtuosismo orchestrale di queste pagine è stupefacente, e la riuscita, sul piano sinfonico, innegabile.

Struttura

La Sinfonia delle Alpi ha una durata di 50 minuti circa ed è in un unico movimento diviso in sezioni. Strauss dà alle singole sezioni del lavoro un totale di ventidue titoli programmatici non numerati, corrispondenti alle diverse fasi di una scalata di un giorno in montagna:

  • Nacht (Notte)
  • Sonnenaufgang (Alba)
  • Der Anstieg (L’ascesa)
  • Eintritt in den Wald (Ingresso nel bosco)
  • Wanderung neben dem Bache (Passeggiata lungo il ruscello)
  • Am Wasserfall (Presso la cascata)
  • Erscheinung (Apparizione)
  • Auf blumigen Wiesen (Sui prati fioriti)
  • Auf der Alm (Sul pascolo alpino)
  • Durch Dickicht und Gestrüpp auf Irrwegen (Tra roveti e boscaglia su i sentieri sbagliati)
  • Auf dem Gletscher (Sul ghiacciaio)
  • Gefahrvolle Augenblicke (Momenti pericolosi)
  • Auf dem Gipfel (Sulla vetta)
  • Vision (Visione)
  • Nebel steigen auf (La nebbia sale)
  • Die Sonne verdüstert sich allmählich (Il sole si oscura gradualmente)
  • Elegie (Elegia)
  • Stille vor dem Sturm (Calma prima della tempesta)
  • Gewitter und Sturm, Abstieg (Temporale e tempesta, Discesa)
  • Sonnenuntergang (Tramonto)
  • Ausklang (Epilogo)
  • Nacht (Notte)

Con un organico di più di 120 musicisti, l’Alpensinfonie richiede un’orchestra più grande rispetto a ogni altro suo lavoro con sostanziali raddoppi, come gli otto corni (di cui quattro sono tube wagneriane) due arpe, un organo da concerto e la celesta. Vi sono inoltre dodici corni, due trombe e due tromboni fuori campo e una sezione di percussioni arricchita da una macchina del tuono, una macchina del vento, piatti, triangolo, timpani, campanacci da mucca, glockenspiel, tam-tam, gran cassa e rullante, per realizzare la scena della tempesta ed altri effetti speciali. La grande orchestra non è certo un elemento superfluo: con sicura e magistrale padronanza dell’arte dell’orchestrazione Strauss rende perfettamente in musica l’incredibile esperienza di un’escursione alpina con immediatezza naturalistica.

L’Ascesa, Sulla Vetta e la successiva Discesa, sono punti cruciali nella storia musicale di Strauss e chiari elementi di drammaturgia che ricordano quelli di un melodramma. Teoricamente è possibile analizzare questo poema sinfonico attraverso gli schemi sinfonici lisztiani su grande scala, e certamente (tralasciando per un istante le singole sezioni cui Strauss dà un nome) è ancora possibile individuare un’introduzione, un allegro iniziale, lo scherzo, un adagio, un movimento conclusivo con il suo epilogo. Se però tutto ciò è vero, è vero anche che la Sinfonia delle Alpi è un’opera divisa in due: una prima metà strutturata come una montagna, ovvero la fase ascendente, la seconda come una montagna ombra (la fase di discesa) che però nasce dal picco della prima in maniera speculare. Questo dualismo tuttavia non sottintende certo una simmetria precisa. Strauss, infatti, non ripercorre la prima parte letteralmente al contrario, sarebbe un volgare processo meccanico. La sinfonia in fase di discesa presume infatti anche mutamento e sviluppo. Basti pensare all’ultima sezione (Notte) che come un cerchio si chiude nel punto da dove eravamo partiti, ma mettendo in luce un mutamento interiore con dei sottili cambi nell’orchestrazione e nell’uso dei motivi. È quasi superfluo ribadire che l’uso del leitmotiv influenzò profondamente lo stile compositivo di Strauss per la creazione dei suoi poemi sinfonici. La manipolazione tematica è certamente presente anche nei compositori di stampo classico e i lavori giovanili di Strauss sono ancora collocabili (a grandi linee) in questa dimensione più tradizionale. Il maestro viennese Brahms, mostrò la sua approvazione verso la  Sinfonia no.2 di Strauss del 1883 (allora ventenne), affermando però che tendeva a manipolare eccessivamente i temi, prefigurando uno stile di compositivo nel solco di quello wagneriano. I drammi musicali di Richard Wagner, infatti, sono costellati da una moltitudine di temi e leitmotif, ognuno dei quali con un collegamento specifico con il contenuto poetico dei suoi drammi. Sebbene i temi di Strauss non sempre abbiano associazioni definitive con un preciso contenuto poetico, essi formano comunque una struttura analoga con la musica che si sposta da un tema all’altro mentre si evolvono e cambiano aspetto, fornendo una narrazione coerente lungo il percorso. L’uso dello stile compositivo di Wagner e il modo in cui influì sulla narrazione all’interno del poema sinfonico fu una delle ragioni per cui Strauss divenne una delle figure più prolifiche e rappresentative della musica a programma alla fine del XIX secolo. Alcuni dei motivi nell’Alpensinfonie, in perfetta tradizione wagneriana, sono proprio come personaggi dentro ad un dramma in musica.

Dentro la musica

Già dall’inizio della Sinfonia è chiaro quanto Strauss fosse abile nel manipolare il timbro dell’orchestra. Ciò che si sente è un cluster, con note discendenti che si accumulano l’una sull’altra. Invece di stabilire una tonalità d’impianto chiara Strauss riempie uno spettro sonoro, come se stesse dipingendo una tela bianca con pennellate di scuro suono. Certamente una scelta alquanto singolare, sorprendente e decisamente suggestiva. Si giunge poi un altro leitmotiv importante: il cosiddetto motivo della Montagna, eseguito dai tromboni e dalla tuba. Il tema della montagna costituisce una superba intuizione musicale e uno straordinario esempio di costruzione di un leitmotiv: da un lato s’intravede la linea ascendente, come se effettivamente si potesse scorgere la montagna sollevarsi minacciosa davanti a noi, e dall’altro una sequenza armonica che non si può dipingere più nera di quanto lo abbia fatto Strauss. Suonata dall’orchestra, questa solenne sequenza di accordi assume una tinta scura e velata: è un corale dal sapore arcaico, il quale trasmette efficacemente all’ascoltatore l’immagine di un solenne gigante di pietra avvolto nel buio, il mistero ma anche il pericolo della Natura.

Strauss fa un uso sistematico delle caratteristiche delle diverse tonalità durante tutta la Sinfonia. Un chiaro esempio si può trovare subito dopo la sequenza appena descritta, quando l’opprimente atmosfera notturna di Sib minore porta a una drammatica trasformazione musicale e l’Alba fa la sua apparizione in un tripudio di La maggiore. Questo motivo è direttamente imparentato con quello della notte, come se fossero due lati di una stessa medaglia. Tale gioco di specchi è uno dei tanti casi presenti nella Sinfonia. Ma come arriva Strauss alla nuova tonalità? Nella Alpensinfonie adotta un procedimento analogo a quello del celebre preludio dell’Oro del Reno di Wagner, dove il Mib grave dei contrabbassi scatenava delle permutazioni sempre più complesse che andavano a coinvolgere poco a poco tutta l’orchestra. Strauss “mette in moto” l’orchestra partendo dalla cupa tonalità di Sib minore usando intricate permutazioni accordali in crescendo, finché i flauti nel registro acuto e le trombe s’interpongono alla massa di suono, realizzando l’equivalente sonoro di bagliori di luce che come piccole lame colpiscono i nostri occhi mentre il sole lentamente sorge.

Dopo questo episodio, gli archi suonano il cosiddetto tema dell’Ascesa, il quale naturalmente tornerà di nuovo in svariati punti della Sinfonia, sempre in accordo con il processo di continua elaborazione e sviluppo del materiale motivico. Anche qui, se si guarda più da vicino, è possibile trovare degli elementi alquanto interessanti: dovendo rappresentare lo scalare e l’ascesa, il motivo presenta un andamento ascendente nella prima parte ma con un breve tuffo verso il basso per mezzo di un intervallo discendente. Segue poi un secondo elemento dall’atteggiamento più spensierato, una sorta di passeggiare scanzonato e avventuriero. Poco prima dell’Entrata nel Bosco, Strauss utilizza un effetto preso in prestito dal mondo dell’opera: un’orchestra fuori scena. Questa è il momento in cui gli alpinisti si stanno avvicinando alla foresta e l’idea della distanza viene riprodotta grazie all’orchestra di corni. Così come per l’incipit notturno, anche qui vi è una sorta di atteggiamento cinematografico, una messa in scena sonora di una dimensione spaziale.

L’arrampicata continua e, dopo il bosco, Strauss ci conduce lungo le rive di un ruscello, fino ad arrivare presso una cascata. L’episodio della cascata è il punto dove si potrebbe collocare l’inizio dell’ “Scherzo” di una sinfonia tradizionale, sezione veloce originatasi come una versione stilizzata di danze cortigiane, che nel periodo romantico di solito suonava più come un pezzo caratteristico. In Apparizione, suggerendo la manifestazione di una creatura fatata nella cascata, Strauss si riferisce a un passaggio analogo nel poema drammatico Manfred (Scena II) dello scrittore inglese Lord Byron, opera che fu adattata in musica da noti compositori come Schumann e Tchaikovsky. Anche Nietzsche scrisse un brano per pianoforte ispirandosi a questo lavoro (Manfred Meditation). Ascoltando questo passaggio nella Sinfonia con la consapevolezza della scena della cascata nel poema di Byron, che Strauss certamente conosceva, tutto assume improvvisamente un carattere illusorio, con immagini sonore di spruzzi d’acqua, un piccolo arcobaleno e l’apparizione di una creatura magica nascosta all’interno della nebbiolina. Durante l’episodio del Pascolo Alpino si sentono i campanacci delle mucche in un pascolo d’altura, i canti degli uccelli e persino uno yodel. Nel successivo corso degli eventi, improvvisamente ci si perde e la musica riflette ciò diventando più densa e impenetrabile. Le abilità contrappuntistiche di Strauss e la crescente concatenazione degli strumenti forniscono una vivida rappresentazione di un arrampicatore che perde i suoi punti di riferimento (Tra i roveti e boscaglia su i sentieri sbagliati). Fuoriuscendo dal denso bosco la musica si fa più chiara e si giunge ad un ghiacciaio. La montagna ci appare sempre più vicina e in tutta la sua maestosità. In Momenti pericolosi Strauss diminuisce l’intensità della musica, facendo tenere all’ascoltatore il fiato sospeso con tremoli degli archi. Queste nervose e stentate frasi musicali fanno presagire la fase finale e più difficoltosa della scalata. Infine, una potente frase musicale suonata dai corni, trombe e tromboni annuncia l’arrivo sulla cima della montagna. La musica però si fa subito più sommessa. La sensazione di aver raggiunto la vetta dura non più di sei battute, e viene immediatamente soppiantata da una melodia espansiva dell’oboe, la quale sembra quasi ricalcare il sentimento di incredulità di chi ha conquistato la vetta della montagna:

Effettivamente sulla vetta ci si aspetterebbe il culmine dello sviluppo musicale, e che in quel punto Strauss butti nella mischia tutti gli strumenti a sua disposizione. Ciò non accade. Strauss fa sentire a pieno la magnificenza e lo splendore della vetta alpina, ma in maniera graduale. L’emozione dovuta allo spettacolo che si gode dalla vetta a stento può essere contenuta, e quindi inizialmente non può essere adeguatamente espressa.

Nella sezione denominata Visione, gli elementi musicali introdotti in precedenza sono sottoposti a un complesso processo di sviluppo. Il graduale oscurarsi del sole è un altro passo che testimonia la sottile arte della manipolazione motivica applicata da Strauss e mette a tacere in maniera definitiva chiunque pensi che questa musica sia solamente una serie di vuote evocazioni paesaggistiche. Egli prende lo stesso tema dell’alba, allungando alcune note fino a farlo scomparire del tutto nella trama musicale, segno della definitiva scomparsa del sole. Gli episodi della Visione e dell’Elegia sono forse i più enigmatici dell’intero lavoro. Trattandosi di sezioni incentrate sull’elaborazione del materiale musicale, non fanno riferimento a particolari scenari geografici, bensì sono meditazioni interiori e la guida definitiva per l’ascoltatore resta l’uso e l’intreccio dei motivi, non i titoli descrittivi.

Calma prima della tempesta: un lieve rullo di timpani introduce una serie di assoli dei legni. L’atmosfera è tesa e si sentono alcuni apprensivi versi di uccelli. Con il Temporale Strauss scatena tutte le colossali forze orchestrali di cui dispone: strumenti come la macchina del vento e del tuono, così come il grande organo da concerto. La musica evoca la tempesta attraverso impetuosi turbinii di linee cromatiche; episodio, questo, che strizza l’occhio ad altre celebri tempeste sinfoniche come quella di Beethoven (Sinfonia no.6) e il preludio della Valchiria di Wagner. In questo episodio è possibile sentire ripetutamente il tema dell’ascesa, ma questa volta le note di cui è composto sono disposte in ordine inverso, indicando che la discesa precipitosa sta per iniziare. La tempesta passa, e Strauss lancia un ultimo sguardo alla montagna che risplende nel tramonto. Risuona il motivo di accordi iniziale. Dopo questo sfogo, la natura della musica cambia radicalmente e ciò che viene dopo è il Tramonto: una ricapitolazione dell’inizio del poema sinfonico quando il sole stava sorgendo. Quest’episodio cita nuovamente il motivo della montagna, ma meno cupo rispetto all’inizio e con l’aggiunta di quattro trombe. Questo conferisce al tema una nuova luce, presentandosi allo stesso tempo come una reminiscenza dell’inizio. Vi è un’ulteriore differenza caratteristica rispetto al movimento notturno iniziale: qui infatti, proprio alla fine, il motivo dell’ascesa riappare ancora una volta, ma come se provenisse da una grande distanza, spegnendosi con un glissando degli archi. Dunque la Sinfonia, seguendo il modello della vita, si piega su se stessa sul finire, in parte cambiata e al contempo pronta per un nuovo inizio.

Strauss e le montagne

Richard Strauss, sin dalla giovane età, rimase profondamente affascinato e ispirato dalla diversità della flora e fauna delle montagne, dalle loro maestose dimensioni e dai panorami che gli offrivano; è forse proprio qui che è possibile ritrovare l’influenza e la chiave del successo del mondo alpino all’interno della sua musica. Nel suo libro “Heights of Reflection: Mountains in the German Imagination from the Middle Ages to the Twenty-first Century”, Peter Höyng dalle sue lettere ricostruisce un’esperienza di un giovane Strauss, la quale ricorda molto il percorso narrativo dell’Alpensinfonie. Nell’agosto 1879, Strauss scrisse al suo amico Ludwig Thuille descrivendo un’avventura nelle montagne presso il lago Stauffel, vicino Murnau, dove si trovava in vacanza con la sua famiglia. Strauss si aggregò nel cuore della notte con altri escursionisti, e camminarono per cinque ore al buio facendosi strada con una sola lanterna. Al sorgere dell’alba raggiunsero il picco del Heimgarten dal quale godettero della vista di altri picchi, laghi e la cima dello Zugspitze. Si persero nuovamente, e durante il loro vagare in fase di discesa furono colti da un temporale. Strauss tornò poi a Murnau il giorno seguente. L’aspetto programmatico dell’Alpensinfonie va contestualizzato all’interno dell’importanza culturale delle montagne nella Germania di quell’epoca. Durante questo periodo esisteva il movimento culturale dell’Heitmat (madre terra), all’interno del quale era marcata l’idea di educazione e accrescimento individuale. Il legame dell’Heitmat con la Natura esisteva attraverso la Wandervogel Gesellschaft (La Società dei Viandanti), che si dedicava a ristabilire l’amore per la natura tra i giovani, anche se mirava a impartire ciò a tutta la società tedesca. Le montagne, luogo prediletto per le escursioni e camminate, sono un contesto importantissimo per Strauss e il suo processo creativo.

In aggiunta all’attenzione rivolta alla natura, quest’associazione promuoveva all’interno dei movimenti giovanili l’alpinismo con particolare enfasi per una vita salutare e il “ritorno alla natura”. Le persone dovevano avventurarsi fuori dalle città e verso la campagna per esplorare la bellezza del territorio. Questo atteggiamento riformista contro un percepito declino culturale era ben radicato nel tardo XIX secolo in Svizzera e nella Germania. Nel 1908, dopo un periodo di enorme successo come direttore d’orchestra e compositore, Strauss stesso poté permettersi di costruire una lussuosa villa a Garmish nel sud della Germania, con una vista sul colossale picco dello Zugspitze.

Per meglio comprendere come si manifesta la Natura in questa composizione di Richard Strauss, senza sviare troppo dall’argomento è opportuno soffermarsi brevemente sulla Natura nella musica di un altro compositore celebre, contemporaneo e amico di Strauss: Gustav Mahler. È infatti noto l’amore di Mahler nei confronti della campagna austriaca, e lui stesso affermò che da giovane l’aveva frequentata più assiduamente delle lezioni del Conservatorio. La sua Prima Sinfonia con l’indicazione agogica Naturlaute (suoni di natura) è una perfetta dimostrazione dell’essenza della sua musica, un paesaggio naturale quasi extra-umano ma che fiorisce direttamente dalla terra. Mahler resta fermamente con i piedi nel reame della cosiddetta musica “pura”, opponendosi all’idea di dipingere in maniera descrittiva la natura. La natura è spesso evocata, ma attraverso atmosfere di calma religiosità come nell’incipit della Sinfonia no.1, o il III movimento della Sinfonia no.3 (Quel che mi raccontano gli animali della foresta) dove il mondo dell’uomo (rappresentato dalla cornetta da postiglione) viene udito in lontananza dagli animali. Tornando a Strauss invece, siamo di fronte a una produzione musicale densa di passaggi descrittivi ma con il gesto compositivo posto sempre in primo piano. Basti pensare all’esplosiva e maestosa alba del Così parlò Zarathustra (1896), il “belare” rumoristico e onomatopeico degli ottoni come un gregge di pecore in Don Chisciotte (1897), il canto di un’allodola negli Ultimi Quattro Lieder, e ovviamente tutti i fenomeni sonori descrittivi nella Sinfonia delle Alpi (la macchina del vento, il canto degli uccelli, i campanacci delle mucche al pascolo…). L’Alpensinfonie di Richard Strauss può essere affrontata attraverso le lenti di argomento e rappresentazione. È una composizione descrittiva, vivida e anche imitativa, una sorta di espansione dell’idea d’imitazione della natura da parte di autori come Beethoven, Liszt e Sibelius. Inutile soffermarsi su quale compositore abbia compiuto scelte stilistiche migliori rispetto all’altro. La percezione della Natura sarà sempre e comunque filtrata attraverso la personalità unica dell’artista e le rispettive pagine di musica vanno giudicate in quanto tali, non confrontate “con la squadra e il righello”.

Piuttosto, è interessante sentire come Strauss abbia trasferito in musica i suoni del mondo alpino. Questi suoni e temi più piccoli, per lo più onomatopeici, in generale non possono essere considerati come temi chiave della composizione, ma sono importanti per colmare delle lacune e consolidare il paesaggio che Strauss sta cercando di illustrare. In fondo cosa sarebbe il pascolo o il bosco senza gli animali? Che senso avrebbe la tempesta se fosse soltanto un guazzabuglio di temi e melodie pesantemente intrecciate, senza il vero suono del vento o dei fulmini? Tutti questi suoni onomatopeici esaltano le scene descrittive all’interno della sinfonia. I motivi secondari non operano come quelli principali, eppure il loro utilizzo differenzia questo lavoro da altri nello stesso genere di altri autori. I temi principali danno un’impronta alla scena e delimitano i confini in cui la musica può operare, mentre i piccoli temi secondari riempiono tutte le lacune descrittive e aggiungono un qualcosa di più nel quadro generale, non solo alberi, ruscelli o pascoli d’altura. Per il primo gruppo di temi il contenuto programmatico è meno rilevante al fine dell’interpretazione della musica. Questi temi imitano il mondo alpino naturale in modo chiaro e articolano un’immagine specifica che è difficile confondere con un altro soggetto. Due esempi che illustrano questa idea sono il tema della cascata e le tre diverse chiamate di uccelli. Una cascata non genera una linea melodica distinta, ma ha un suono che può essere ricreato attraverso strumenti come i legni e gli archi, che imitano lo spruzzo dalle cascate, o corsi d’acqua impetuosi. La seconda categoria di temi è più astratta se si rimuovono i motivi dal loro contesto programmatico. A differenza del primo gruppo, che non ha bisogno di affidarsi ai titoli programmatici per ritrarre la scena, l’oggetto o l’evento previsti, questi temi si affidano fortemente ai titoli per essere capiti nel modo in cui sono intesi.

In conclusione…

Come drammaturgo Strauss non ha mai visto alcuna contraddizione tra la forma sinfonica e un programma extra-musicale. Ciò che rende Strauss così particolare è la sua capacità di velarsi di un repertorio sacro o formale di musica assoluta, ossia la sinfonia, e allo stesso tempo di rendere tutto interpretabile in termini programmatici.

“Per me un programma poetico non è altro che un piolo su cui appendere lo sviluppo puramente musicale dei miei sentimenti. Non soltanto una descrizione musicale di certi processi che si svolgono nella vita reale. Qualsiasi altra cosa sarebbe un peccato contro lo spirito della musica.” R. Strauss

L’Alpensinfonie di Strauss non costituisce un banale itinerario di viaggio bensì una traversata durante la quale l’ascoltatore è esposto alla diversità geografica e le meraviglie che la natura ha da offrire. Un’opera dotata sia di enorme forza ma anche di una grande dose di raffinatezza e sottigliezza. Strauss si compiace della natura e della sua complessità, si crogiola nelle meraviglie che la montagna gli offre, riuscendo a prendere elementi completamente eterogenei e contraddittorii, trasformandoli e rielaborandoli per poi unirli in una forma convincente coerente e molto efficace. Temi diretti, cellule primarie che nascondono una dualità intrinseca, forme di sviluppo molto complesse e forze orchestrali colossali: questi elementi contraddittori sono difatti la forza vitale degli elementi che alimentano l’intera struttura.

A prima vista, nella sua forma finale l’Alpensinfonie si presenta come un ritratto sonoro di un protagonista ignoto (l’ascoltatore?) che domina e conquista con successo l’ambiente di montagna, meraviglioso e ostile allo stesso tempo. La Sinfonia no.6 di Beethoven (la “Pastorale”) è una musica progenitrice di questo lavoro straussiano. In entrambe è possibile ritrovare un episodio tempestoso e a seguire un momento di serena calma, oppure episodi che hanno a che fare con corsi d’acqua. Ma ogni analogia finisce qui. Strauss vuole rappresentare la natura nel suono, ma anche mostrare un protagonista umano che lo vive. In questo senso, va oltre Beethoven nell’audacia delle sue rappresentazioni. Beethoven, d’altro canto, si focalizza sul viaggio emotivo dell’esperienza del paesaggio, piuttosto che sulla pittura paesaggistica (si pensi al titolo del primo movimento della sesta sinfonia, Risveglio dei sentimenti all’arrivo in campagna). Vero e proprio principe della musica tedesca, dotato di grande sicurezza di sé, Strauss è un radicale conservatore e radicale è anche la dipartita dai suoi precursori del mondo sinfonico e in quel preciso momento della storia della musica, Strauss ottiene allo stesso tempo un risultato pionieristico e di vasta portata.

Strauss rifiutava le pretese metafisiche, e un poema sinfonico come questo esprime un’agenda più terrena, un pensiero saldamente ancorato. Proprio come la musica che svanisce enigmaticamente nell’oscurità della notte, anche questo grande capitolo della musica sinfonica tedesca (quello del poema sinfonico) è stato inghiottito dalla storia e la Sinfonia delle Alpi rimane l’ultima parola del maestro tedesco in materia. In definitiva, si può approcciare quest’opera in più modi: si può ascoltare il lavoro come un addio ad una tradizione (rovesciata da Strauss stesso), godere dello splendore sonoro in superficie, oppure ammirare con quanto ingegno Strauss abbia rimodellato la natura in termini musicali. Quello che è certo è che nella natura e la montagna Strauss aveva finalmente trovato un oggetto terreno che fosse degno della più grande lode.

Tiziano de Felice

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