Le Variazioni per Orchestra sopra un Tema Originale Op. 36 di Sir Edward Elgar (1857 – 1934), note anche con il nome di “Variazioni Enigma”, lasciarono un profondo segno sia nella sua carriera sia in quello che si potrebbe definire come un rinascimento della musica Inglese alle soglie del XIX secolo. Terminate il 19 Febbraio 1899 (come scrisse Elgar stesso nel manoscritto: “Ended Feb. 19th 1899”), pochi giorni dopo la musica fu inviata al celebre direttore d’orchestra Hans Richer (direttore di prime assolute di lavori come L’Anello del Nibelungo di Wagner a Bayreuth, le Sinfonie no. 4 e 8 di Bruckner e le Sinfonie no. 2 e 3 di Brahms). Richter dirigeva soltanto opere musicali che lui stimava profondamente e non solo le Variazioni comparvero subito nel programma del suo prossimo concerto londinese del 19 Giugno 1899, ma egli divenne anche un grandissimo sostenitore e promotore della musica di Elgar, inaugurando altri suoi lavori come la Sinfonia no.1 e The Dream of Gerontius per cantanti solisti, doppio coro e orchestra.

Di certo è curioso il fatto che, prima di aver scritto queste variazioni, fino all’età di 42 anni Elgar in realtà non aveva ancora scritto alcun vero e proprio capolavoro che lo portasse veramente nel pantheon dei “più grandi” ed è altrettanto curioso come dopo una serie di lavori corali da una narrativa libera, egli sia riuscito in questa impresa con un lavoro come quello delle variazioni per orchestra, lavoro che inevitabilmente necessita di una grande dose di disciplina compositiva (anche se il rapporto fra il tema e le variazioni certamente non può essere definito “severo” in senso classico). Infatti, nella decade che aveva preceduto le Variazioni, le principali opere musicali di Elgar furono scritte per coro e orchestra. Queste sono The Black Knight (1892), The Light of Life (1896), King Olaf (1896) e Caractacus (1898). Tutti questi lavori furono eseguiti all’interno di festival musicali corali inglesi e certamente avevano contribuito grandemente nel consolidare la reputazione di Elgar come un importante compositore nazionale.

Un successo tanto atteso

Dopo la prima esecuzione delle Variazioni, questo lavoro divenne per Elgar una sorta di passaporto verso una fama nazionale ancor più grande ed esse sancirono definitivamente il suo successo anche fuori dall’Inghilterra, segnando l’inizio di un nuovo apprezzamento a livello internazionale per le sue composizioni. Le Variazioni furono ben accolte, ed esse sono rimaste un lavoro prediletto nel repertorio orchestrale sino ai giorni nostri. Furono eseguite in tutta Europa, arrivando persino in Russia nell’autunno del 1904. Il 1904 fu anche l’anno in cui Elgar fu nominato cavaliere. Quest’onore contribuì a definire il profilo di Elgar come “il più inglese” di tutti i compositori, un ritratto alquanto paradossale, dato che il genio particolare di Elgar trascendeva anziché nascere dalla musica dei suoi predecessori e contemporanei inglesi. Le sue forme e tecniche compositive erano esplicitamente radicate nel XIX secolo e i suoi successori dovettero adattarsi o reagire al suo linguaggio (come fecero Gustav Holst o Vaughan Williams). Questo non vuol dire che non si possono distinguere tendenze avanguardiste nella musica di Elgar: all’epoca Richard Strauss lo definì come “il primo musicista inglese progressista”. Ma al di là delle influenze che Elgar ebbe sulle future generazioni di compositori inglesi o che reputazione avesse in patria, questo lavoro fu una conquista importante da parte sua, dato che durante tutto il regno della regina Vittoria nessun lavoro orchestrale aveva attirato cosi’ tanto l’attenzione della comunità musicale. Sin dalla prima, infatti, oltre che dalla musica ovviamente, gli ascoltatori furono intrigati da l’ “enigma” del titolo e l’identità degli amici “ritratti all’interno” (friends pictured within), ai quali fu dedicato questo lavoro. E’ importante ricordare però che Elgar non si riferiva al lavoro con questo titolo all’interno della sua corrispondenza. Elgar, infatti, aggiunse la parola “Enigma” successivamente sulla prima pagina dell’autografo della partitura completa sopra la musica. Fu appunto cosi’ che le Variazioni furono conosciute con il nome di “Variazioni Enigma”.

Le variazioni: forma, genere e influenze

Prima di vedere come è strutturato questo lavoro per orchestra, è opportuno chiedersi che cosa siano delle “variazioni” in musica, senza scendere troppo nel tecnico. Molto semplicemente, ci si trova davanti a una variazione quando l’autore ripropone del materiale iniziale in una forma alterata. Queste alterazioni ovviamente possono essere di tipo melodico, ritmico o armonico (o una combinazione di questi elementi) ma anche variazioni dal punto di vista timbrico e persino a livello dell’orchestrazione. 

Accanto a quella del tema è collocata l’immagine delle 4 battute corrispondenti della Variazione numero 1, dove è possibile osservare un’elaborazione della melodia iniziale ed anche un cambio nell’accompagnamento della mano sinistra. Tutto senza disattendere il carattere e l’essenza del tema. Ogni compositore dispone di numerose tecniche per manipolare un tema musicale. Si possono impostare variazioni su una linea di basso (ostinato oppure no), determinate sequenze armoniche, usare procedimenti di innesti, omissioni melodiche, scrivere una melodia in maniera retrograda oppure invertirne gli intervalli. Questi sono solo alcuni esempi di elementi musicali che possono essere variati e naturalmente le tecniche e i procedimenti alla base di questo tipo di scrittura cambiano a seconda del periodo storico. Si scriverebbe un elenco troppo lungo se si volesse citare ogni esempio di variazione musicale, ma tra esempi illustri di questa forma possiamo ricordarne alcuni come Il Fabbro Armonioso di G.F. Handel e le Variazioni Goldberg di J.S. Bach entrambe per clavicembalo, il II movimento della Sinfonia no. 103 di Haydn (una doppia variazione!), il I movimento della Sonata per Pianoforte no.11 in La maggiore di Mozart, il finale della Sinfonia no. 3 di Beethoven o l’adagio del suo Quartetto per Archi no.12 in Mib maggiore. Altra tipologia comune di variazioni sono quelle basate su un tema di un altro autore, come le Variazioni per Pianoforte e Orchestra su “Là ci darem la mano” di Chopin composte appunto sul tema tratto dal Don Giovanni di Mozart o le Variazioni e Fuga sopra un tema di Handel di Brahms per pianoforte e, sempre di Brahms, le celebri Variazioni su un tema di Haydn per orchestra. https://www.youtube.com/watch?v=BYfKWyeichE Dove collocare Elgar in questo vasto panorama di variazioni musicali? Innanzitutto va sottolineato che i compositori viennesi avevano scritto variazioni come singoli movimenti delle loro sonate e quartetti (Mozart, Beethoven) o come finali delle loro sinfonie (Haydn, Beethoven) o concerti (Mozart), ma il genere delle variazioni orchestrali indipendenti come quelle di Elgar fu concepito nel XIX secolo. Le influenze straniere non sono difficili da individuare in queste variazioni: al momento della composizione del suo lavoro sicuramente Elgar avrà avuto in mente le Variazioni Sinfoniche del compositore inglese Hubert Parry (1897), ma erano già presenti modelli ben più illustri di variazioni per orchestra (o orchestra con strumento solista) come quelli già citati scritti da Brahms ma anche da Dvorak, Tchaikovsky e Franck. Altre influenze importanti del XIX secolo per le Variazioni di Elgar, per esempio, potrebbero essere stati i poemi sinfonici di Liszt o Richard Strauss (che tra l’altro nel 1897 scrisse Don Chisciotte – Variazioni fantastiche su un tema cavalleresco per violoncello, viola e orchestra), insieme ai monogrammi musicali di Schumann e, forse sopra ogni cosa, i drammi musicali di Richard Wagner per via di una certa affinità del suo linguaggio musicale con quello di Elgar e le innegabili associazioni e riferimenti extra-musicali delle Variazioni. https://www.youtube.com/watch?time_continue=53&v=oMJVCdhJZPk

Struttura

Da una nota di programma di sala di Elgar del 1911: [blockquote cite=”Edward Elgar” type=”left”]«This work, commenced in a spirit of humour & continued in deep seriousness, contains sketches of the composer’s friends. It may be understood that these personages comment or reflect on the original theme & each one attempts a solution of the Enigma, for so the theme is called. The sketches are not “portraits” but each variation contains a distinct idea founded on some particular personality or perhaps on some incident known only to two people. This is the basis of the composition, but the work may be listened to as a “piece of music” apart from any extraneous consideration.» «Questo lavoro, iniziato in uno spirito d’umorismo e continuato in profonda serietà, contiene gli schizzi degli amici del compositore. Si può capire che questi personaggi commentano o riflettono sul tema originale e ognuno tenta una soluzione dell’Enigma, poiché così viene chiamato il tema. Gli schizzi non sono “ritratti”, ma ogni variazione contiene un’idea distinta fondata su una personalità particolare o forse su un incidente noto solamente a due persone. Questa è la base della composizione, ma il lavoro può essere ascoltato come un “brano musicale” a prescindere da qualsiasi considerazione estranea.»[/blockquote] Se da un lato è improbabile che tutti gli aspetti dell’enigma di Elgar saranno mai risolti, dall’altro Elgar si mostrò volenteroso nel rivelare i nomi dei suoi amici “qui ritratti” (pictured within), mascherati in partitura da iniziali o pseudonimi sopra ognuna delle variazioni. Tutte le citazioni sono riprese dal volume “My Friends Pictured Within” (Novello & Co.) che mostra le fotografie dei protagonisti di ciascuna variazione (insieme alla corrispondente pagina dal manoscritto) con le note descrittive scritte di Elgar. In totale il compositore raffigurò 12 dei suoi amici, sua moglie ed egli stesso dentro questi “sketch musicali”. Essi in ordine sono: Tema (andante) – Nel 1912, in un programma di sala per l’esecuzione di The Music Makers op.69 sull’ode di Arthur O’Shaughnessy, Elgar descrisse cosi’ questo tema in Sol minore (che citò per l’appunto all’interno di quest’altro suo lavoro successivo): «quando fu scritto (nel 1898) esprimeva il mio senso di solitudine dell’artista come è descritto nei primi sei versi dell’Ode e, per me, incarna ancora quella sensazione.»

I. (C.A.E.) Caroline Alice, la moglie di Elgar. «Non vi è interruzione fra il tema e questo movimento. La variazione in verità è un prolungamento del tema con quello che desideravo fossero delle aggiunte romantiche e delicate; quelli che conoscevano C.A.E. capiranno questo riferimento a qualcuno la cui vita era d’ispirazione romantica e delicata.» II. (H.D. S.-P.) Hew David Steuart-Powell, il pianista amatoriale in un trio insieme a Elgar (violino) e Basil Nevison (violoncello). «Le sue tipiche scale sopra i tasti prima di iniziare a suonare qui sono camuffate in modo buffo nei passaggi con le semicrome; questi dovrebbero suggerire una Toccata, ma ben più cromatica di quanto non gradisse H.S.D.-P.» III. (R.B.T.) Richard Baxter Townshend, uomo eccentrico di Oxford celebre per aver scritto la collana di libri Tenderfoot: «La Variazione contiene un riferimento alla presentazione di R.B.T. di un anziano signore in quale produzione teatrale amatoriale – la voce grave che occasionalmente sale al timbro di soprano. L’oboe fornisce una versione impertinente del tema, ed è importante la crescente scontrosità dei fagotti.» IV. (W.M.B.) William Meath Baker, mecenate di Elgar. Lo descrive come «a country squire, gentleman and scholar» (signore di campagna, gentiluomo e uno studioso), il quale sempre secondo l’impressione di Elgar «leggeva i preparativi del giorno e lasciava frettolosamente la stanza della musica con un involontario colpo alla porta» mentre appunto cercava di organizzare le carrozze per accomodare una grande quantità di ospiti. Le battute 15 e 24 vogliono suggerire l’atteggiamento scanzonante degli ospiti. V. (R.P.A.) Richard Penrose Arnold, figlio del poeta Matthew Arnold; stravagante e arguto, amante della musica e pianista amatoriale. «La sua conversazione seria era continuamente interrotta da osservazioni stravaganti e argute. Il tema è dato dai bassi con solennità e nella parte maggiore che ne consegue c’è uno spensierato scherzare tra gli strumenti a fiato.» VI. (Ysobel) Isabel Fitton, violista amatoriale allieva di Elgar. «Forse si potrà notare che la battuta iniziale, una frase usata durante tutta la variazione, è un esercizio per l’incrocio delle corde – una cosa difficile per i principianti; su questo è costruito un pensieroso e, solo per un momento, romantico movimento.» VII. (Troyte) Arthur Troyte Griffith: noto architetto di Malvern, i timpani rappresentano i suoi maldestri tentativi di suonare il pianoforte. VIII. (W.N.) Winifred Norbury: conosciuta da Elgar grazie alla sua associazione con la Worchestershire Philharmonic Society, la variazione cattura sia la sua risata che l’atmosfera della sua casa del diciottesimo secolo. IX. (Nimrod) Augustus Johannes Jaeger (Jaeger in tedesco vuol dire cacciatore, ergo nimrod), amico di Elgar ed editore presso la casa editrice Novello & Co.; Elgar scrisse a Jaeger «ho omesso i tuoi comportamenti esteriori e ho visto solo il buon, amabile e onesto ANIMO dentro di te». Jaeger sostenne Elgar nei momenti più difficili mentre cercava di affermarsi come compositore. Momento lirico e commovente, è forse la variazione più celebre dell’intero lavoro e vorrebbe evocare una discussione avvenuta tra di loro su gli adagi beethoveniani. «Si potrà notare come le battute iniziali vogliono suggerire il movimento lento dell’Ottava Sonata (Patetica)» In questo esempio è possibile notare come il tema dell’adagio della Sonata per pianoforte n. 8 Op. 13 di Beethoven (rigo superiore) faccia parte dell’incipit della variazione Nimrod (rigo inferiore). X. (Dorabella) Dora Penny. Dorabella era il soprannome che Elgar le dava, una citazione dal Cosi’ fan tutte di Mozart. Era balbuziente e la sezione dei legni lo suggerisce, mentre secondo altri sembrerebbe la sua risata. Tutto il movimento evoca una certa leggerezza danzante che contrasta il tono elegiaco della variazione precedente. XI. (G.R.S.) George Robertson Sinclair, nominato nel 1899 organista della cattedrale di Hereford. Elgar scrive: «La variazione non ha nulla a che vedere con gli organi o le cattedrali o, se non lontanamente, con G.R.S. […]Le prime battute furono suggerite dal suo grande bulldog, Dan (un noto personaggio) mentre cade nel fiume Wye dalle ripide banchine (batt.1); il suo sguazzare per il corso d’acqua per trovare un punto d’appoggio (batt. 2 e 3); il suo abbaiare di gioia nel trovarlo (seconda metà batt. 5). G.R.S. disse, “Mettilo in musica.” L’ho fatto; eccolo.» XII. (B.G.N.) Basil Nevison. Un sincero tributo a un caro amico, violoncellista amatoriale che insieme a Elgar e Hew David Powell completava il trio di musica da camera. XIII. (***) Questa è l’unica variazione ad essere intestata con degli asterischi. Elgar permise ai suoi biografi di supporre che il destinatario fosse Lady Mary Lygon, un’amica e promotrice della musica di Elgar. Difatti inizialmente lui scrisse le iniziali L.M.L. in testa al suo resoconto delle variazioni nella bozza per gli appunti che pubblicò nel 1913. Recentemente è stato ipotizzato che la persona racchiusa nella musica fosse la brillante donna americana Julia Worthington, che potrebbe essere stata l’amore segreto di Elgar. La citazione tormentata del clarinetto da Meeresstille und glucidiche Fahrt, Op. 27 (Mare calmo e viaggio felice) di Felix Mendelssohn, potrebbe (forse) confermare quest’ipotesi. XIV. (E.D.U.) Edu era nome con il quale Elgar era chiamato da sua moglie Alice. Il finale rappresenta l’autore stesso, in una promettente esplosione di sinfonismo. In maniera alquanto originale finisce in maniera sprezzante, una sorta di ‘prendere o lasciare’. Dopo la prima performance August Jaeger, mentore ed amico di Elgar (rappresentato nella variazione Nimrod), scrisse ad Elgar suggerendo che il finale fosse troppo breve. Elgar fu riluttante nel cambiarlo; spiegò che il Sol maggiore aveva esaurito le sue forze e che non fosse il caso di far ritornare nuovamente il tema. Ma durante le settimane seguenti aggiunse poco meno di 100 battute (poco dopo la figura 76 in partitura) dicendo a Jaeger di essere soddisfatto della nuova ‘coda’ delle variazioni. il finale rivisto rappresenta una versione ancor più originale della coda-apoteosi tanto amata dal mondo musicale del XIX secolo. https://www.youtube.com/watch?v=ZwbNI7GvqBM

L’Enigma: alcune ipotesi

L’interesse per l’enigma fu inizialmente alimentato dalle note del programma di Elgar per la prima rappresentazione: [blockquote cite=”Edward Elgar” type=”left”]«The Enigma I will not explain – its “dark saying” must be left unguessed, and I warn you that the apparent connection between the Variations and the Theme is often of the slightest texture; further, through and over the whole set another and larger theme “goes”, but is not “played”.» «Non svelerò l’Enigma – il suo “detto oscuro” dev’esser lasciato irrisolto, e vi avverto che l’apparente legame fra le Variazioni e il Tema spesso è di consistenza assai debole; inoltre, attraverso e sopra l’intero insieme un altro e più grande tema “va”, ma non è “suonato”.»[/blockquote] Elgar sembrava sempre più riluttante però nel fornire ulteriori indizi o dare risposte precise a coloro che ritenevano di aver risolto il puzzle. Il detto oscuro è stato interpretato in diversi modi. Si dice che possa riferirsi  al “carattere elegiaco” del tema e al senso di solitudine dell’artista quando Elgar scrisse le Variazioni. Le Variazioni forse furono anche ispirate persino da un passo dalla versione vulgata del Corinzi che contiene la parola oscuro in una traduzione. Il grande tema che “va” è stato inteso come un riferimento ad un tema che non viene mai enunciato ma che è implicito nella trama contrappuntistica del tema esistente; la melodia Auld Lang Sine è stata un’ipotesi popolare (smentita diversi anni più avanti da Elgar), anche se ne sono state avanzate altre che potrebbero funzionare come melodia nascosta come, per esempio il celebre inno luterano “Ein feste Burg ist unser Gott” oppure “God Save the Queen”. Alcuni studiosi sono scettici riguardo questo approccio poiché una “melodia nascosta” che s’incastri correttamente con il tema difficilmente potrebbe incastrarsi più avanti anche con le altre variazioni e, in ogni caso, la dichiarazione di Elgar non implica necessariamente che il tema più grande sia una melodia specifica. Potrebbe semplicemente essere un riferimento all’amicizia oppure potrebbe richiamare una generica esperienza musicale come quella della musica di un altro celebre compositore. Sotto sono riportati degli esempio dove sono sovrapposte alcune melodie sopra il tema principale, ma si potrà subito notare come nessuna di esse costituisca un incastro perfetto: Alla luce dell’acceso interesse con i riferimenti epigrammatici di Elgar agli enigmi delle sue variazioni, è bene ricordare le impressioni del compositore stesso in materia: [blockquote cite=”Edward Elgar” type=”left”]«There is nothing to be gained in an artistic or musical sense by solving the enigma of any of the personalities; the listener should hear the music as music, and not trouble himself with any intricacies of “programme”. To me, the various personalities have been a source of inspiration, their idealizations a pleasure – and one that is intensified as the years go by.» «Non c’è niente da guadagnare in senso artistico o musicale risolvendo l’enigma di una qualsiasi personalità; l’ascoltatore dovrebbe ascoltare la musica come musica e non preoccuparsi di alcuna complessità del “programma”. Per me, le varie personalità sono state fonte di ispirazione, le loro idealizzazioni un piacere – un piacere che si è intensificato con il passare degli anni.»[/blockquote]

In conclusione

Cose dire del cosiddetto enigma? Se non altro che se l’enigma è davvero codificato in musica, può essere considerato solamente come una sorta di gesto simbolico, aperto a diverse interpretazioni. Che quello delle variazioni non sia un atteggiamento musicale bensì uno personale, ossia l’enigma del compositore stesso? C’è la possibilità che il tema, sempre più melanconico man mano che le indicazioni di tempo diventano più lente, rappresenti Edward Elgar visto da se stesso: un artista solo e incompreso, forse frustrato nella sua ambizione di comporre lavori puramente sinfonici. Inoltre, si potrebbe affermare che ciò che affascina veramente di un enigma o di un mistero non risiede tanto nella verità nascosta al suo interno ma nel segreto che lo costituisce ma, anche se fosse questo il caso, il pubblico raramente accetta di buon grado simili interpretazioni. Purtroppo, come si è visto, la maggior parte delle “soluzioni” enigmatiche non portano a nulla. Cercare una fonte per la melodia significa ignorare i suggerimenti del compositore; e nessuno dei contrappunti proposti ha la sensazione di essere esatto e inevitabile. Anche se Auld Lang Syne fosse la più conforme, per esempio, il numero di diverse manipolazioni con le quali può essere reso a mala pena convincente come tema nascosto indebolisce l’intero caso; e più melodie sono proposte, meno probabile diventa l’ipotesi di veridicità per ognuna di esse. Non si può mescolare scienza con la fantasia in questi casi, una soluzione ad un codice dovrebbe essere giusta o sbagliata. Un’altra prova contro la credibilità di qualsiasi codice in questa musica la si può trovare nella probabilità intrinseca che Elgar abbia scritto la musica attraverso il processo che comunemente è chiamato ispirazione, che altro non è se non una combinazione di giuste intuizioni e tanto labor limae. Sembra alquanto improbabile che Elgar sia arrivato a un tema così austero e semplice, squisitamente equilibrato ma internamente complesso, a partire da giochi con lettere e numeri. E se un codice, per quanto ingegnoso esso sia, non rivela qualcosa del pensiero compositivo di Elgar, allora a cosa serve? Proprio come le variazioni sono capricci in parte tenuemente legati alla struttura originale del tema, così gli indizi di Elgar sull’enigma possono avere soltanto dei deboli collegamenti con il processo creativo che ha portato alla composizione di queste variazioni. Tra le spiegazioni più seducenti, nessuna sembra coprire sufficientemente le condizioni necessarie in modo coerente e convincente per essere presa sul serio. La ricerca non è aiutata dalla segretezza, dall’incoerenza e forse una certa dose falsità all’interno dei commenti di Elgar stesso, e da quelli di altre persone vicino al lui che potrebbero essere state in grado di sapere qualcosa. I vari interventi delle variazioni presumibilmente ritraggono persone e avvenimenti di cui possiamo sapere solo di secondo acconto. Elgar stesso ci avverte che alcune variazioni hanno deboli collegamenti con il tema. Inoltre, anche se non ci avvisa, le sue descrizioni dei modelli talvolta hanno a che fare veramente poco con il tema. La musica certamente è capace di ritrarre e di “fare il verso” al vero, ma la maggior parte delle variazioni in realtà non sono affatto ritratti. Da questo possiamo dedurre un obiettivo più alto, cioè quello di mostrare al pubblico una galleria di caratterizzazioni musicali. Se si dovesse tentare di comprendere le caratterizzazioni né programmaticamente né in maniera astratta ma musicalmente, allora non sarà necessario preoccuparsi con iniziali, codici o soprannomi. Non bisogna screditare chi tenta di svelare questo curioso e affascinante mistero, tuttavia la soluzione migliore forse è quella di rimanere agnostici riguardo tutto ciò, non potendo essere sicuri che ci sia difatti qualcosa da risolvere. Di certo Elgar ha portato con sé nella tomba questo mistero e forse, se avesse potuto prevederne le conseguenze, avrebbe persino soppresso il suo bisogno di catturare l’orecchio pubblico con l’ignoto e la mistificazione. Ma, anche se l’atto di speculazione da parte di addetti ai lavori e semplici ascoltatori è diventato parte integrante di questa composizione, il racconto di queste Variazioni ci sarà svelato soltanto se ci occupiamo della sola musica, liberi da congetture e false intuizioni. Tiziano De Felice