Gioco di prospettive: Schumann, le forme libere e la Fantasia

Molti autori, fra i romantici, hanno concentrato la propria poetica all’interno di forme libere, cosiddette “fantastiche”: nessuno però lo ha fatto come Robert Schumann, che ne è probabilmente diventato il massimo promotore.

Autore: Gianluca Cremona

11 Aprile 2017
Vedremo, in particolare nella Fantasia op. 17, come il musicista tedesco abbia inventato un modo unico e originale per rendere una naturale fluidità formale, nel quale i temi assumono aspetti sempre nuovi senza essere mutati nella propria primordiale essenza, proprio come se noi ascoltatori avessimo la possibilità di sentire la sua musica da più di una prospettiva.

Robert Schumann (1810 – 1856) fa parte di un insieme di autori che hanno segnato un’epoca ma che, nello stesso tempo, hanno avuto difficoltà a presentare un’idea musicale univoca e chiara, assaliti da una costante irrequietezza che li ha portati a sperimentare una grande quantità di stili, anche all’interno delle medesime composizioni (si pensi anche a Skrjabin o a Stravinsky). Nella fattispecie Schumann presenta, dal punto di vista prettamente umano, almeno due volti, incarnati dalle caratteristiche maschere di Eusebio, timido e pensoso, e Florestano, spavaldo e sicuro di sè: vediamo queste due personalità affrontarsi già sin da una delle sue prime composizioni, i Papillons op. 2, sotto le sembianze rispettivamente di Walt e Vult, tratte dal romanzo Flegeljahre di Jean Paul.

Nella sua posizione di teorico e critico musicale, vediamo invece contrapporsi nuovi tipi di alter ego, all’interno della rivista musicale che egli gestiva, la  Neue Zeitschrift für Musik: la Lega dei seguaci di David, gli innovatori, ai Filistei, i conservatori. E infine, musicalmente, i volti di Schumann sono principalmente tre: quello delle forme tradizionali liberamente reinterpretate, che incontriamo ad esempio nelle sonate per pianoforte, si pone nella tradizione inaugurata da Beethoven e perseguita da Schubert; il compositore delle raccolte di pezzi brevi, come i Kreisleriana op. 16 o i Fantasiestücke op. 12, genere del tutto innovativo che nella storia della musica è stato difficilmente ripreso da altri autori, forse a causa della difficoltà espressiva data dalla frammentarietà formale; infine, ma non meno importante, vi è uno Schumann che sperimenta forme libere di ampio respiro, e che lo fa al meglio nella Fantasia op. 17 e nel primo tempo Concerto per pianoforte op. 54.

Quest’ultimo aspetto è quello che probabilmente incarna maggiormente l’essenza del compositore romantico: anche Chopin, con la sua Fantasia in fa minore op. 49 per pianoforte, e Liszt, con la Sonata in si minore S. 178, hanno dato un proprio contributo a questo genere, ma il compositore tedesco, probabilmente, è l’unico che è riuscito a creare una forma univoca ed efficace, dal punto di vista formale, per riuscire a garantire una sorta di continuità all’interno delle composizioni di questo tipo, quasi senza la necessità di utilizzare schemi che risentano dell’influenza, anche se lontana, di forme classiche.

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Schumann scrive la Fantasia in do maggiore op 17 nel 1836, per pubblicarla bel 1839. Come scrive John Daverio, “nessuna altra composizione ‘dell’anno triste’ è più intimamente collegata all’immagine di Clara. ‘Per capire la Fantasie‘, le scrisse Schumann il 22 aprile 1839, ‘dovrai tornare con la mente all’infelice estate del 1836, quando dovetti rinunciare a te’. Scrivendole l’anno prima […] parò del primo movimento addirittura come di ‘un profondo lamento per te’.” (John Daverio, Robert Schumann – araldo di una nuova poetica). Sin dalle prime battute balza all’orecchio un dettaglio molto singolare. Questa tonalità è stata spesso utilizzata, dall’epoca barocca a quella romantica, passando dal periodo classico, per creare un clima di solennità o, viceversa, estrema semplicità – si pensi a molte delle sonate per pianoforte mozartiane – ed entrambi questi caratteri sono accomunati da una sorta di chiarezza armonica, data anche dalla propria particolare tessitura “centrale”. Schumann invece esordisce con una sequenza di note veloci quasi incomprensibile, ripetuta più volte, con dissonanze che cozzano fra loro esaltate da un pedale molto lungo, generando quindi una grande risonanza di armonici. A questo punto un nuovo tema si sovrappone al disegno della mano sinistra, con un incedere ritmico alquanto deciso, annebbiato da questo costante movimento confuso dell’accompagnamento. Il risultato quindi, dal punto di vista dell’ascoltatore, è quello di un disorientamento quasi onirico.

1.png Schumann – Fantasia op 17, battute 1 – 7

Questa linea melodica dalla lunghezza non indifferente costituirà gran parte del materiale tematico del primo movimento, attraverso una tecnica molto cara a Schumann: si tratta di prendere parte dell’intero tema, variarla leggermente, senza però snaturarla, per creare un nuovo inciso melodico che unisce insieme la freschezza della novità tematica e il senso di continuità col resto della composizione. Si potrebbe pensare che ciò accada anche nella Sonata di Liszt, ma qui il discorso è molto diverso: all’interno di questa composizione udiamo infatti temi brevi che si avvicendano l’uno con l’altro, che da un momento all’altro vengono stravolti, cambiati di modo, di tonalità, di ritmo. Mentre in Liszt è come se uno stesso soggetto venisse dipinto da più pittori in differenti ambientazioni, in Schumann rivediamo la stessa situazione da angolazioni sempre diverse, scoprendo dettagli sempre nuovi, ma consapevoli di ciò che stiamo osservando. L’autore tedesco quindi, nei suoi capolavori, raggiunge un equilibrio formale contrapponendo una scarsa chiarezza prettamente musicale ad una coerenza che pregna le intere composizioni. È come se la musica si dispiegasse in modo uniforme e fluido, senza mai lasciar trasparire quando finisce un “episodio” e ne inizia un altro, elemento caratteristico anche delle composizioni di Chopin. Nella prima ballata op. 23, ad esempio, o nella fantasia in fa minore, sentiamo introduzioni ravvicinate di temi sempre diversi, senza che l’ascoltatore riesca a scovare mentalmente “ponti di collegamento” fra una parte e l’altra. E qui troviamo una nuova differenza fra Schumann e un autore suo contemporaneo, in questo caso Chopin: per quanto riguarda il primo infatti, i temi trovano la propria origine sempre all’interno di un unico elemento embrionale e primordiale; in Chopin, invece, la natura delle varie invenzioni melodiche può renderle l’una completamente diversa dall’altra.

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Del tutto schumanniano è invece il continuo avvicendarsi nevrotico di sezioni dal carattere fortemente contrastante: dall’atmosfera sognante delle prime battute si passa ad un’ambientazione riflessiva, per poi giungere a momenti malinconici, ad attimi addirittura disperati. Questo si intende quando si parla di uno Schumann che riversa all’interno delle proprie composizioni il suo carattere complesso, affetto da una schizofrenia che non potrà che peggiorare fino al tentato suicidio nel 1854: una personalità doppia, una continua agonia che lo perseguita e lo accompagna dalle prime composizioni agli ultimi capolavori della maturità.

Ecco alcuni esempi di questo procedimento:

2.png battute 12/18

Questo inciso, che corrisponde alla chiusura del primo tema, nel quale un tactus scandito da minime viene sostituito dalle semiminime, diventerà la base sulla quale verrà costruita una nuova sezione di poco successiva.

3 battute 31/37

Quest’inciso, dapprima sognante

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viene quindi mutato fino a divenire maestoso e impetuoso

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passando da un diminuendo in ritardando di fine frase ad un fortissimo che invece caratterizza l’inizio di una nuova frase: interessante è il fatto che il soggetto, non mantenendo nè l’aspetto ritmico dell’originale, nè lo stesso intervallo fra le note, rimanga comunque riconoscibile, cosa che non avviene invece per quanto riguarda questo esempio tratto dalla Sonata di Liszt, con un inquietante motivo della mano sinistra che viene cambiato di modo, assumendo caratteristiche opposte a quelle iniziali.

7 Liszt – Sonata in si minore  8.png Liszt – Sonata in si minore

Ancora più interessante è notare che l’inciso tematico precedentemente trattato – parlando sempre della Fantasia di Schumann – derivi direttamente anche dall’ingresso del primo tema, e caratterizzerà anche molte altre sezioni della composizione, a dimostrazione che questo brano ha come origine un germe primario univoco, un unico impulso d’ispirazione.

pasted image 0 (4) Schumann – Fantasia, Battuta 2

Questo impulso porrà le fondamenta per quello che sarà il tema sviluppo, ovvero la parte centrale, di questo primo movimento della Fantasia, nella tonalità di Do minore, che, sin dal principio, presenterà questo inciso ora in preda ad un senso di smarrimento, ora animato da una forte inquietudine, ora travolto da un disperato sconforto.

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L’intera Fantasia, con gli altri due movimenti – Massig. Durchaus energisch e Langsam getragen. Durchwegleise zu halten – strutturalmente molto simili al primo ma con caratteri diversi, il secondo più maestoso, il terzo più riflessivo, rimane fra i più riusciti capolavori del pianismo romantico, grazie alla propria apparente semplicità superficiale, che nasconde un complesso gioco di rimandi e richiami, fra una mano e l’altra, fra una parte della tastiera e l’altra, fra una sezione e l’altra. Si tratta di una fitta rete di citazioni e riflessi, la stessa immagine vista da svariati punti di vista, che può svelarci cose sempre nuove ad ogni ascolto: non è forse questa il segno distintivo dei grandi capolavori artistici?

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Gianluca Cremona


 

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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