Reno, fiabe e leggende

Rheinlegendchen di Mahler

Autore: Redazione

30 Marzo 2020

Un mondo arcano e magico si aprì agli occhi dei giovani Achim von Arnim e Clemens Brentano nello scenario dell’antico padre Reno, durante la traversata primaverile del 1802 tra Francoforte e Coblenza; e il richiamo ancestrale e possente del grande fiume, in una natura fantasticamente trasfigurata in nuova Ellade, li rese “poeti” con un prepotente amore per il passato, per la tradizione lirica del popolo tedesco. Così, con Napoleone alle porte, nel recupero di quella “germanicità” che rischiava di andare dispersa sotto i colpi della storia, essi recuperarono oltre settecento antichi canti, che pubblicarono, revisionati, negli anni 1806-1808 nei tre volumi della raccolta Des Knaben Wunderhorn (Il corno meraviglioso del fanciullo), una delle opere più amate – insieme alle Fiabe dei Grimm – del Romanticismo tedesco, fonte di testi per molti liederisti, da Weber, Mendelssohn e Schumann a Brahms, R. Strauss e Mahler, fino a Schönberg e Webern.

Tra gli anni 1888 e 1900, Mahler trae dal Wunderhorn letterario ventiquattro liriche per i Lieder und Gesänge(per canto e pianoforte, definito inizialmente dallo stesso Mahler «lo strumento che meglio si assoggetta alla lirica»), i Lieder aus Des Knaben Wunderhorn (per canto e grande orchestra) e i Lieder inseriti nelle prime Sinfonie, dando vita ad un mondo autentico e, insieme, struggente di Natura e di Vita. Le tante piccole storie che animano quei Lieder – visioni di fragili figure infantili, fisionomie di contadini e di soldati, condannati e innocenti, che non formeranno mai la Storia – consolidano il rapporto del musicista con la tradizione popolare, con quel territorio nordico, renano, boemo ai confini del potere, nei quali il giovane Mahler ama riconoscersi. Così, nell’agosto 1893, e nella splendida solitudine delle Alpi salisburghesi di Steinbach, nasce il Lied Rheinlegendchen [La piccola leggenda del Reno], «un pezzo rubato alla luce del sole», secondo la definizione dello stesso Mahler. Vi si racconta, in versi, l’antica fiaba – pervenuta ad Arnim e Brentano dalla signora Auguste von Pattberg, colta scrittrice del Baden che molti spunti aveva offerto anche alla ricerca dei fratelli Grimm – di un amore nostalgico riunito nel Bundesring, anellino di fedeltà e simbolo magico di richiamo d’amore, custodito dalle acque del Reno:

Presto falcerò sulNeckar, presto falcerò sul Reno, avrò un piccolo amore, ma poi rimarrò sola! A che serve falciare, se la falce non taglia! A che serve un amore, se non resta con me! Eppure devo falciare sul Neckar, e sul Reno, e poi vi getterò dentro il mio anellino d’oro! Esso scorrerà nel Neckar e nel Reno, e nuoterà sott’acqua fino alle profondità del mare! E nuoterà l’anellino, e un pesce lo ingoierà, e arriverà sulla tavola del re! E il re domanderà: “di chi è l’anellino?”, e il mio tesoro dirà: “l’anellino appartiene a me!”. E il mio tesoro attraverserà monti e valli, e mi riporterà l’anellino d’oro! Puoi falciare sul Neckar, puoi falciare sul Reno, ma solo se getterai dentro, sempre, il tuo anellino!

Anche nella lirica di Mahler, come nella fiaba, tutto è allineato lungo un percorso circolare, allegoria della circolarità della vita. Vi si immagina il prato verde alla confluenza dei due fiumi, la giovane falciatrice, il viaggio segreto dell’anello e il lungo percorso di ritorno del cavaliere tra i verdeggianti paesaggi renani. Il musicista coglie tutti i dettagli del contesto narrativo per restituirli in una scrittura musicale fresca e leggera, quasi cameristica, creando un piccolo, delicato gioiello dai colori della natura, sul ritmo ternario di un antico Ländler. E mentre il Waldhorn annuncia in prima battuta il paesaggio incantato del Wunderhorn, sulla linea melodica dei violini si riproduce lo scorrere del fiume con i Naturlaute dei legni. La figurazione ritmica della danza popolare austriaca diviene ora ritmo conduttore del raffinato “gioco” strumentale, della delicata polifonia tra le voci.

Reno

E se agli archi è affidato lo sfondo scenico del racconto, la serenità del Tanzlied e lo scorrere quieto del Reno, i fiati in legno, con i loro passaggi melodici, danno voce ad una natura amena e giocosa. Il fluire euritmico e aperto è ricreato anche dai fraseggi del canto, distesi, e poi richiusi, con morbide armonie intorno a nuclei tonali, tra tonalità maggiori e minori, tra progressioni melodiche e cadenze in ritardando. Non manca il canto del violino solo, voce umana di breve malinconia a dialogo con il Naturlaut del flauto (terza strofa):

L’effetto d’insieme è solare, delicato, pittorico: uno dei rari momenti di serena espressione mahleriana nel fluire armonico del tempo, come avviene nelle fiabe. Un vero gioiello, tra i Wunderhorn-Lieder!

https://www.youtube.com/watch?v=yzy08W5PtFM

Adele Boghetich

Adele Boghetich è autrice del volume “Gustav Mahler e il mondo incantato del Wunderhorn” (Florestano 2010)

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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