Mahler

Oscuri Abissi, “O Mensch! Gib Acht!”

Autore: Redazione

11 Novembre 2019
[blockquote cite=”Arnold Schönberg” type=”left”]Illustrissimo Signor Direttore, per esprimere l’inaudita impressione che mi ha fatto la sua Sinfonia non devo parlare da musicista a musicista, ma da uomo a uomo. Perché ho visto la Sua anima, nuda, completamente nuda. Era stesa davanti a me come un paese selvaggio, misterioso, con le sue voragini e i suoi abissi terrificanti, e pure con i suoi prati ridenti, leggiadri e soleggiati, idillici luoghi di riposo. Ho avuto la sensazione di assistere ad un fenomeno della natura, con il suo orrore e i suoi flagelli, e col suo arcobaleno che trasfigura e placa. […] Ho sentito la lotta per le illusioni; ho sentito il dolore della delusione, ho visto combattere fra loro le forze del Bene e del Male, ho visto un uomo agitarsi, tormentarsi, cercare faticosamente la propria armonia interiore; ho sentito un uomo, un dramma, “verità”, assoluta verità senza reticenze!  Perdoni il mio sfogo, ma i miei sentimenti non conoscono mezze misure![/blockquote]

Così scriveva Arnold Schönberg a Gustav Mahler il 12 dicembre 1904, dopo aver ascoltato a Vienna la Terza Sinfonia, diretta dallo stesso Mahler.
Composta tra il 1893 e il 1896 nelle estati di Steinbach sull’Attersee, figlia dei monti e della solitudine incantata del lago, la Terza Sinfonia è il grande Canto della Natura, capace di suscitare in chi l’ascolta atteggiamenti profondamente religiosi; una straordinaria costruzione sinfonica in sei movimenti, ai quali lo stesso Mahler diede un titolo, una “guida di percorso”, poi rimossa così come si rimuove un’impalcatura al termine della costruzione:

  1. Risveglio di Pan. La marcia dell’estate. Corteo di Bacco
  2. Ciò che mi raccontano i fiori del prato
  3. Ciò che mi raccontano gli animali del bosco
  4. Ciò che mi racconta la notte
  5. Ciò che mi raccontano le campane del mattino
  6. Ciò che mi racconta l’Amore

Grandioso idillio, specchio di una Natura gioiosa e, insieme, terrificante, che parla all’uomo “raccontandosi” attraverso voci e richiami, colori e oscurità dense di presagi, la Terza si snoda in un lento percorso ascetico che dalla natura primigenia, destata dal silenzio al suono nel disordine panico del vasto Primo movimento, attraverso forme di vita sempre più elevate raggiunge il mondo eletto degli angeli per “rivelare” la visione ultima del grande Adagio.Un’opera straordinaria – scriveva Mahler all’amica Anna von Mildenburg – in cui si riflette l’intero mondo. Qualcosa di inaudito! Tutta la Natura vi trova voce e racconta segreti tanto profondi da essere presagiti solo in sogno!

Uno dei grandi “segreti” è nel Quarto movimento, nel Lied O Mensch! Gib Acht! [Uomo! Attento!], composto nel 1896 sul testo del canto ebbro di Friedrich Nietzsche (Das Nachtwandler-Lied, Il canto del nottambulo) da Also sprach Zarathustra: undici versi tra i dodici rintocchi della campana di mezzanotte, poesia di un paesaggio simbolico in cui la natura si unisce allo spirito e la notte, novalisiana “matrice di vita”, invita l’uomo al “rito” della meditazione. Un breve ma necessario momento nell’ampio discorso filosofico-musicale della grande Terza, prima del risveglio:

O Mensch! Gib Acht!
Was spricht die tiefe Mitternacht?
Ich schlief, ich schlief!
Aus tiefem Traum bin ich erwacht!
Die Welt ist tief!
Und tiefer als der Tag gedacht!
O Mensch! Tief! Tief ist ihr Weh!
Lust tiefer noch als Herzleid!
Weh spricht: Vergeh!
Doch alle Lust will Ewigkeit!
Will tiefe, tiefe Ewigkeit!

[Uomo! Attento! Cosa dice la mezzanotte profonda? Io dormivo, dormivo! Da un sogno profondo mi sono destato! Il mondo è profondo! Più profondo di quanto pensò il giorno! Oh uomo! Profondo, profondo è il suo dolore! Il piacere ancora più profondo del dolore! Il dolore dice: Va’ via! Ma ogni piacere vuole eternità! Vuole profonda, profonda eternità!]

L’ermetico, mistico canto delle grandi azzurre solitudini nietzschiane, dal forte spessore patetico, rivela con forza struggente non l’eroismo dionisiaco – capace di colpire a morte anche la Morte – ma il tema del dolore, il senso della vita e dell’eternità, ricercati nell’abisso di una notte empatica e misteriosa, dove anche lo spirito sembra disperdersi nel più profondo [tief] dei pensieri abissali, in un gioco di specchi deformanti sullo scorrere della linea del tempo di mezzanotte, ineffabile confine tra fine e principio, passaggio invisibile di vita che si rinnova. “Una mezzanotte vecchia e profonda – aveva scritto Nietzsche – che rumina in sogno il suo dolore, e anche il suo piacere.”
Quello stesso piacere che richiede eternità… che vuole profonda, profonda eternità!

L’oscuro demonico Zarathustra, sempre preda del pesante spirito di gravità, senile e delirante come ebbra lira di mezzanotte lacerata da eterno dolore, intona qui l’ultimo suo canto, svaporato sui sentieri della vita… l’ultimo rito di un eterno ritorno, che nessuno comprende… Quale il suo messaggio, distillato tra gli undici versi? Forse un messaggio salvifico, il più profondo dell’intero poema: il risveglio dell’anima dal sonno dell’essere all’essenza della vita del mondo, che è dolore e piacere, e che celebra se stessa con tutte le forze, affamata di realtà, eternità, follia.

La musica di Mahler cattura l’emozione, la tensione irrisolta, le sensazioni oscure dalle profondità ancestrali che ammantano di mistero la magia di ciò che può definirsi opera d’Arte. Lento e misterioso scorre il Tempo già nelle prime voci degli archi in registro grave, mentre la notturna invocazione del canto si staglia, densa e allusiva, nell’aura notturna di lunghi silenzi, di lenti respiri cosmici. Le fa eco, nei corni, la voce di Mezzanotte e il richiamo lontano dell’oboe, oscura voce di Natura

 Mahler oboe

mentre i violini rischiareranno il quadro sonoro con il richiamo del Giorno, della luce, della vita

Mahler violini

per poi avviare un umbratile interludio strumentale, prima della ripresa degli ultimi cinque versi.

La nuova regressione all’oscurità, voluta da Mahler nella seconda parte del Lied [O Mensch! Tief ist ihr Weh!] e la reiterazione dolorosa del termine tief nella dimensione profonda del silenzio suggeriscono, ancora una volta, il contatto arcano con l’infinito, sempre più oscuro nel contrasto cromatico con la limpida luminosità degli archi mentre sospingono il canto al punto di tensione, subito spento da nuovi, lugubri richiami, che sembrano voler ricondurre l’uomo alla dimensione ancestrale della morte, a monito che quella profonda eternità non gli appartiene. E il vuoto diviene cosmico, sulla linea eterna del tempo trattenuta nei lunghi “pedali” finali, nei lunghi respiri fino alla soglia del silenzio. Solo il canto gioioso degli angeli del Quinto movimento – Es sungen drei Engel – potrà spezzare l’incantesimo per celebrare il “risveglio” e rivelare che il culmine dell’esistenza non sarà un abisso di solitudine ma un’eternità fatta di luce soprannaturale, presto sublimata nella musica del grande Adagio finale.

La Terza Sinfonia accompagnò Mahler nel suo percorso di conversione dall’Ebraismo al Cattolicesimo; una conversione “filosofica”, in cui il musicista non rinnegherà nulla del suo istintivo credo nel miracolo della vita e della natura, dettato da una spiritualità personalissima e profonda, da una natura religiosa tesa alla continua ricerca di un Dio oltre i confini del visibile, in quel mondo trascendente, surreale, senza tempo e senza spazio, cristallizzato nella lucidità visionaria delle sue opere ultime.

Adele Boghetich

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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