Domenico Turi, classe 1986, nato in Puglia a Noci – come ci tiene a sottolineare – sarà il compositore in residenza del festival Fortissimissimo, organizzato dagli Amici della Musica di Firenze.
Ad essere eseguite saranno le sue composizioni “Sguardi“, elegia per violino, violoncello e pianoforte, che verrà interpretato dal trio Kanon, e le “Miniature notturne” per pianoforte solo affidate al giovane pianista Gabriele Strata.

L’abbiamo incontrato nei Giardini dell’Accademia Filarmonica Romana dove abbiamo avuto modo di chiacchierare sia sul festival, che sul suo florido percorso artistico di compositore contemporaneo: degne di nota sono le commissioni ricevute da importanti istituzioni come La Fenice di Venezia, l’Accademia Filarmonica Romana, la Camerata Italica, gli Amici della Musica di Foligno e il Festival di Nuova Consonanza. Le sue musiche hanno varcato inoltre i confini nazionali, approdando in molti stati esteri come Francia, Germania, Gran Bretagna, Giappone, Finlandia, Austria, Arzebaijan, Olanda, Ungheria, Romania, Cina, Lituania e Svizzera.

La poliedricità è forse uno dei tratti più caratteristici dei compositore di oggi. Oltre a sonorità differenti (classiche, sperimentali, elettroniche, ecc.), ad essere diversificate sono anche le tipologie di pubblico. Penso per esempio alle composizioni indirizzate e dedicate ai più giovani

Io non penso che sia necessario fare tutto, ognuno sceglie le strade che gli sono più congeniali. Io per esempio, almeno per ora, non ho mai affrontato il mondo della musica elettronica. Mi affascina ma non mi appartiene.
Il mio interesse principale è il mondo del teatro: ho scritto un’opera [Non è un paese per Veggie ndr], e alcuni lavori per ragazzi come la mia operinaOnde”. In questa occasione ho avuto modo di lavorare per i bambini, e devo dire che mi affascina molto perché con i più giovani sei libero di scrivere qualsiasi cosa; è il pubblico più aperto e più curioso. La musica di Onde è semplice è orecchiabile, ma sono presenti anche cluster e multifonici del clarinetto. I bambini si esaltano, sono il pubblico ideale e anche il più sincero perché loro non devono applaudire per forza a fine spettacolo.

E alla fine del tuo spettacolo hanno applaudito?

Onde ha avuto molto successo, è stato eseguito più di 10 volte in questi 8 anni. Mi sono sembrati sempre tutti molto contenti, io compreso mi diverto tanto perché faccio il direttore dell’ensemble e partecipo alla performance recitando anche come attore.
Ho scritto anche altre musiche per i bambini e ci sono un paio di progetti in cantiere. Uno in particolare sulle fiabe di montagna – sempre per burattini, attore e ensemble – che debutterà a novembre prossimo.

Come è invece il tuo rapporto con il pubblico più adulto?

Il pubblico è parte integrante della musica. Senza pubblico non esiste la musica.. Il primo pubblico della mia musica sono io stesso. Non scriverei mai qualcosa che non mi piace o che non ascolterei. La mia domanda spesso è: “Pagherei un biglietto per ascoltare questo brano?”. Ancor prima del pubblico vengono gli esecutori, ossia coloro che dedicano la loro vita, i loro dolori e le loro passioni allo studio di uno strumento. È fondamentale che un esecutore sia interessato e abbia un rapporto di empatia con la musica stessa. Infatti quasi tutte le mie composizioni solistiche sono state scritte con o per degli interpreti in particolare, perché mi piace lavorare con loro e poi lasciarli liberi nella loro ricerca interpretativa. Io non sono uno che mette bocca nelle singole interpretazioni, perché penso che una volta che il compositore mette il punto sopra una sua creazione deve lasciarla andare come se fosse un figlio maggiorenne che si assume le proprie responsabilità e deve viaggiare.
Una delle mie esperienze più belle è quando gli Aforismi furono scelti come pezzo d’obbligo per il concorso di fisarmonica di Castelfidardo. Ero presente alle fasi del concorso e ho avuto modo di ascoltare il mio pezzo suonato da molti interpreti diversi. È stato molto affascinante perché mi sono reso conto di alcune cose di cui da solo non mi ero mai accorto.

Domenico Turi

Foto di Flavio Rapisarda

Secondo te oggi qual è invece lo spazio della musica contemporanea?

La cosa migliore è eseguirne il più possibile e abituare fin da subito i giovani ascoltatori. In Italia ci sono i festival ma manca la programmazione costante di musica contemporanea. È importante inoltre lavorare con gli esecutori perché se loro ci credono e sono convinti sono i primi a promuoverla.

Cosa ti aspetti da questa residenza fiorentina?

Sono felicissimo di andare a Firenze e ringrazio il direttore artistico del festival, Andrea Lucchesini; Fortissimissimo è una rassegna dedicata a tantissimi giovani talenti italiani che hanno bisogno di essere sostenuti. Sono molto contento di lavorare con esecutori giovani ma strepitosi come il trio Kanon che ho già avuto il piacere di conoscere e di ascoltare, e con Gabriele Strata che non ho ancora conosciuto ma, da quello che ho ascoltato, mi sembra veramente una promessa del pianismo. Oltretutto ci saranno anche gli incontri con liceali e sarà un’ottima occasione di confronto all’insegna della musica. È un progetto molto bello…

Chissà, magari respirare l’aria fiorentina sarà di ispirazione per qualche nuova opera…

Al momento sulla scrivania ho tre soggetti di tre opere differenti, ma mi sembra improbabile che io riesca a completare qualcosa in soli due giorni. Magari qualcuno sceglierà di produrre uno dei tre soggetti. Spero di ricevere più una chiamata che un’ispirazione [ride].

Domenico Turi

Foto di Federico Rapisarda

Se potessi scegliere il programma di un concerto che fosse un omaggio ai tuoi modelli e al tuo percorso artistico, quali compositori inseriresti?

Dipende dalla tipologia. Se dovessi pensare ad un recital pianistico sceglierei Debussy che è uno dei compositori che preferisco in assoluto.
Nel caso di un’opera lirica mi piacerebbe tantissimo essere in dittico con Rossini. Per quanto riguarda la musica sinfonica, non saprei… ricordo il terrore che provai quando in un concerto decisero di eseguire un mio pezzo subito prima dell’Incompiuta di Schubert. Non dormii per quattro giorni al pensiero di dover condividere il palco con una delle sinfonie più belle in assoluto.
Quindi Debussy, Schubert, Ravel… 
Poi una cosa che a me piace in musica è piangere, quindi forse aggiungerei compositori come Fauré o altri del mondo francese che mi commuovono tantissimo.
Mi piace essere fragile quando ascolto la musica…

Matteo Macinanti