Le creature elettriche del chitarrista

Giacomo Baldelli

Autore: Gabriele Toma

18 Gennaio 2019
Electric Creatures è l’ultimo lavoro di Giacomo Baldelli, chitarrista la cui solidità e al contempo versatilità non tarderanno a manifestarsi all’ascoltatore, uscito lo scorso 30 Novembre su etichetta Sussidiaria e distribuito in Italia da Audioglobe. Un album che ben riflette la molteplicità di esperienze musicali dell’interprete: dalla musica contemporanea al rock, dal paesaggio sonoro al minimalismo e perfino un’audace duetto in stile hip-hop psichedelico. Questo microcosmo volutamente non unitario, popolato dall’esplicita “biodiversità” cui il titolo allude, è tenuto insieme dall’intento del musicista di accostare procedimenti e tecniche della tradizione “colta” Occidentale ad una accessibilità “popular” sempre Occidentale. Troviamo dunque i Soundscapes per chitarra elettrica ed elettronica firmati da Ryan Pratt (Two) e Nick Norton (Slow Earth), che recepiscono le lezioni di Arvo Pärt, Brian Eno e Pink Floyd e strizzano l’occhio alle chitarre di Radiohead e Sigur Rós, troviamo la veemenza delle Three Electric Creatures di Andrea Agostini, in cui un’accurata ricerca spettrale è brandita da gestualità hard rock zeppeliniane, e ancora la violenza post-moderna di Grab it! di Jacob TV, in cui la chitarra duetta con campionamenti delle voci di condannati a morte per celebrare la vita. La traccia And watch, dello stesso Baldelli, vede la collaborazione con il soprano Kate Soper, finalista al Premio Pulitzer 2017, e fa da preludio alla traccia minimalista Until it Blazes di Eve Beglarian, brano che a dire il vero sembra non reggere l’aspettativa suscitata dal suo stesso titolo, tratto da un prometeico passo del Vangelo apocrifo di Tommaso. Preme osservare che la tendenza alla contaminazione tra “colto” e “pop” di questo album rispecchia con molta onestà le scelte di un numero sempre crescente di compositori contemporanei, i quali si trovano spesso a dover trovare un sottile equilibrio tra l’essere “catchy” e l’essere se stessi in un mercato sovrabbondante di facili gratificazioni. Al contempo gli stessi compositori sono immersi come tutti noi nel paesaggio sonoro della “società occidentale”, il cui repertorio di suoni va dal traffico automobilistico alla colonna sonora di una serie Netflix al pattern minimalista della suoneria di uno smartphone: come ci insegna Murray Schafer, teorico del concetto stesso di “paesaggio sonoro”, non si può prescindere da quest’ultimo almeno quanto non si può prescindere dal proprio ecosistema, poiché entrambi modellano senza che ce ne accorgiamo i nostri processi cognitivi, i nostri moduli espressivi e quindi la nostra estetica.  Quest’album testimonia dunque appieno questi processi in atto, ed è una genuina espressione del nostro tempo, all’ascolto più che gradevole, senza dubbio ghiottissimo per ogni chitarrista.

Gabriele Toma

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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