Sibelius il cantore finnico – prima parte

Autore: Redazione

8 Ottobre 2018
Gli anni 1890-1899

Quando si parla di Jean Sibelius, compositore finlandese nato ad Hämeenlinna nel 1865, il primo collegamento che viene alla mente è la sua associazione alle Scuole Nazionali: un movimento artistico creato dalla critica storiografica del Novecento per definire il tipo di musica composta nei Paesi europei rimasti ai margini della scena musicale mondiale.

Questa etichettatura ha avuto, però, come conseguenza l’indesiderata inclusione di molti autori vissuti nel complesso e sfaccettato periodo musicale del Tardo-Romanticismo, in un movimento spesso ritenuto di minor valore rispetto alla grande musica classica, commettendo l’errore di associare questi autori esclusivamente al carattere nazional-patriottico di alcune loro musiche.

Così è avvenuto, ad esempio, per Sibelius e la Finlandia, per Smetana e Dvořák e la Regione Boema, per Albéniz e Granados e la Spagna. Tuttavia, se è vero che per molti di questi compositori la ricerca delle radici popolari, il canto tradizionale, i ritmi di danza e le armonie peculiari sono stati elementi d’interesse centrale segnando l’inizio del loro percorso da compositori, è però innegabile oggi l’errore storiografico e soprattutto artistico nel parlare di questi personaggi come di meri epigoni della musica Romantica, da loro arricchita solo con qualche spezia locale, tralasciando il lato più innovativo delle loro ricerche compositive, spesso coeve ai grandi sommovimenti delle Avanguardie più radicali dell’inizio del Ventesimo secolo. Esse sono state ritenute, da certa critica musicale, meno coraggiose, rispetto alle scelte armoniche schoenberghiane o debussiane, poiché ancora aderenti a schemi tonali in gran parte già codificati dalla tradizione classica e romantica.

L’uso dell’armonia che Sibelius fece, prima di decidere di abbandonare la strada della composizione nel 1926, fu certo sempre legato al mondo tonale, ma nemmeno poté essere avvicinato alla scolastica successione armonica che si poteva apprendere nei manuali della seconda metà dell’Ottocento. Se per i primi 15 anni della sua attività si potrebbe ancora parlare di una tecnica armonica assimilabile al lascito di Tchaikovsky e al primo Busoni, dal 1903 Sibelius cercò nuova ispirazione per rivitalizzare il linguaggio armonico, partendo non già dal suo abbattimento, come fece la Seconda Scuola di Vienna, bensì da un suo radicale ripensamento.

Lo studio delle caratteristiche del canto tradizionale finnico permise a Sibelius di isolare antichi modi simili a quelli gregoriani e a fondere assieme armonia tradizionale e modalismi arcaici, giungendo ad una sintesi estremamente accattivante. Tutto ciò avvenne con quarant’anni di anticipo sulle ricerche di Kodály e Bartók, veri iniziatori a pieno titolo dell’etnomusicologia moderna.

Sibelius

La sempre maggior ricerca di semplificazione di scrittura orchestrale e l’approdo sempre centrato su tonalità definite anche nelle ultime composizioni ingenerò però nella critica la sensazione di mancanza di complessità e povertà espressiva, e seguì quindi la successiva assegnazione al modello nazionale, che lo vide schiacciato sul modello tardoromantico delle scuole nazionali. L’arte compositiva di Sibelius s’inscrisse invece nel grande solco della tradizione sinfonica austro-tedesca, figlia delle celeberrime Sinfonie di Haydn e Beethoven, e sorella dei grandi poemi sinfonici di Liszt, Smetana e Richard Strauss.

Gli studi del giovane compositore nel biennio 1889-1890 a Berlino e Vienna, finanziati da borse di studio presso l’Istituto Musicale di Helsinki, gli permisero di assorbire appieno l’arte della consequenzialità formale e della pratica dell’orchestrazione. La stragrande maggioranza dei capolavori di Sibelius, infatti, vedrà la luce proprio in seno all’orchestra sinfonica, cui nel corso dei vari decenni della sua attività dedicherà sette celebri Sinfonie, e una quindicina di poemi sinfonici.

L’idea del canto popolare è, però, pressoché assente a livello di citazione nella sua produzione sinfonica, anzi potremmo dire che nell’intero corpus non compare mai nemmeno un motivo derivato dalla musica originale tradizionale popolare finlandese. La sua patria emergerà dalle sue composizioni solo sotto forma di un’atmosfera di profonda fissità, severo rigore e assoluta meditazione.

Si può fare però il discorso inverso: molti suoi temi, specie quelli appartenenti alle composizioni del primo periodo, divennero talmente iconici da essere usati come inni o addirittura simboli dell’orgoglio nazionale finlandese nel periodo dell’indipendenza dalla Russia.

Nell’epoca del cosiddetto “Manifesto di Febbraio”, con cui la Russia di Nicola II impresse un regime molto più autoritario e diminuì sensibilmente i margini di autonomia del Granducato di Finlandia, che aveva goduto di trentacinque anni di sostanziale e crescente indipendenza, la Prima Sinfonia e il poema sinfonico Finlandia, cui in seguito si aggiunse la Seconda Sinfonia, furono prese ad esempio evidente e dichiarato di un sentimento crescente di autodefinizione, indicando un senso patriottico profondo nuovo, incanalato in un modo così artisticamente coinvolgente da trasformarsi in un inno rivoluzionario e in una sfida alla prepotenza dello stato invasore.

All’interno del percorso sinfonico troviamo accanto al lato più eminentemente patriottico altri elementi fondanti della poetica sibeliana: il tratteggio della Natura, intesa come entità indipendente e assoluta, autonoma e al di sopra e di là dell’intervento o del sentimento umano; e il richiamo all’antica tradizione mitologica narrata nel Kalevala.

Il Kalevala, scritto nel 1835 da Elias Lönnrot, è un poema epico basato sulla raccolta e sullo studio delle mitologie e dei canti popolari careliani, e può quindi essere definito come l’epopea nazionale finlandese. Sin dalle prime composizioni orchestrali, Sibelius perseguì l’intento di creare una musica nuova, autenticamente finnica, che potesse differenziarsi nel contenuto più ancora che nella forma dai modelli germanici e russi. Il processo fu lungo, ma la volontà ferrea e la fervida fantasia coloristica portarono Sibelius a ricercare continuamente nuove idee e soprattutto a reinventare continuamente se stesso, sino a giungere a esiti profondamente diversi da quelli più immediatamente romantici dei primi lavori. Se ascoltiamo, ad esempio, i primi poemi come En Saga e li paragoniamo alle grandi arcate uniche di lavori come la Settima Sinfonia o Tapiola, ci accorgiamo che il percorso musicale sibeliano ha subìto delle modifiche sostanziali in tutti gli aspetti che compongono la sostanza musicale.

Come Mahler, che pure nello stesso periodo attraversava e ripensava l’idea sinfonica in ogni lato possibile e giungeva alla decostruzione dell’elemento cardine della sinfonia stessa, ovvero lo sviluppo, così Sibelius in ogni suo brano ha analizzato un aspetto particolare della forma e lo ha piegato sempre con maggior forza al suo sentire interiore. Un sentire che metteva al centro del suo sviluppo non già la sola e ben rodata antitesi tematica della classica forma-sonata, bensì la continua variazione di cellule motiviche lungo l’intero brano.

Kalevala

Le prime composizioni di Sibelius s’incentrarono sulla cameristica, e venne così alla luce una notevole quantità di piccoli brani per violino, violoncello e pianoforte che funsero poi da schizzi preparatori per le successive opere di maggior respiro.

Oggi non sono molto battute dagli artisti moderni, che solo in casi rari inseriscono nei loro repertori questi piccoli pezzi; in realtà vi si nascondono varie gemme musicali, che certo non possono assurgere al rango di capolavori, ma non andrebbero comunque dimenticati nell’economia di una valutazione complessiva dell’opera sibeliana. La maggior parte di queste composizioni non fu mai pubblicata, e solo per poche ci fu l’assegnazione del numero d’opera. Le esperienze di studio europee portarono però ad avvicinarsi sempre più alle grandi forme orchestrali, che rimasero poi le principali per tutta la vita del compositore.

Kullervo, Op. 7 scritto tra il 1891 e il 1892, è il primo lavoro di grandi dimensioni a essere composto, nonché quello dalle proporzioni maggiori in ambito puramente sinfonico. Si tratta di un grande poema sinfonico per soli, coro maschile e orchestra, sul modello del giovanile Das Klagende Lied di Gustav Mahler.

Ci troviamo di fronte ad un grande poema sinfonico, diviso in cinque movimenti della durata di un’ora abbondante, tutta ispirato dalle gesta dell’eroe tragico Kullervo narrate nel poema Kalevala. I cinque movimenti raccontano la vita di Kullervo, dalle prime gesta, agli amori fino alla tragica morte. Il terzo e quinto movimento prevedono l’uso di solisti e coro, gli altri tre sono puramente orchestrali.

Scritta a Vienna durante gli studi con Goldmark e Fuchs, la composizione non entusiasmò subito i due celebri maestri, che la ritenevano troppo cruda e barbarica nell’orchestrazione. Sibelius però non si scoraggiò: era troppo interessato e preso da ciò che era riuscito a estrapolare dal poema mitico, dalle atmosfere nuove, dai ritmi eccitanti e soprattutto dal nuovo tipo di musica che cominciava a risuonare nella sua mente. Il poema ebbe un successo altalenante e fu eseguito appena quattro volte durante la tutta vita del compositore, anzi lasciò piuttosto perplesse le prime platee e fu additato come un brano troppo caotico dai commentatori dell’epoca; ciò fu connesso molto probabilmente anche al fatto che il pubblico si trovò di fronte al primo brano scritto e cantato in Suomi. La Finlandia era fondamentalmente suddivisa in due mondi linguistici paralleli, il lato più popolare che parlava Suomi, quasi l’80% della popolazione, che richiedeva l’uso della propria lingua anche nel mondo della burocrazia e della legge, e il restante lato che invece reagiva e cercava di mantenere l’antica tradizione svedese nel mondo dell’alta società.

La presentazione di un brano importante cantato in Suomi da parte un compositore che stava cominciando a farsi notare nel mondo intellettuale finnico, pose l’accento sulla sudditanza che ancora la lingua finlandese ancora subiva dalla più aristocratica lingua svedese.

Lo stesso Sibelius proveniva da una famiglia in cui la madre era svedese, e lui stesso fino a 9 anni non parlava altra lingua. L’uso del Suomi fu per lui sempre quello di una seconda lingua anche se l’incontro nel 1889 e il successivo matrimonio con la finlandese Aino Järnenfelt nel 1892 indussero in Sibelius un profondo ripensamento, e alla ricerca di una nuova rivalutazione di questa antica lingua. Per questo motivo, alcuni fra i primi titoli di poemi sinfonici sono spesso indicati in lingua svedese, come En Saga o Skogsrået.

Ad oggi, Kullervo non è ancora entrato a pieno titolo nel grande repertorio, anzi è uno dei brani del finlandese meno eseguiti dai direttori, e conta di pochissime incisioni. Tra queste meritevole di una particolare menzione è quella diretta da Osmo Vänskä, alla testa della Lahti Symphony Orchestra, per l’etichetta discografica BIS Records.

Al contrario, En Saga Op. 9 fu uno dei brani che resero celebre il nostro compositore e che ancora oggi è regolarmente inciso ed eseguito. Si tratta del primo dei poemi sinfonici, scritto nel 1892, poi rivisto nella versione finale del 1902. Robert Kajanus, dopo aver diretto Kullervo – conscio non solo delle problematiche emerse nelle prime esecuzioni, ma anche delle considerevoli forze economiche necessarie per le repliche di un’opera così ampia – fece nascere nel suo grande amico compositore l’esigenza di una composizione più agile, per un’orchestra di proporzioni normali e senza ausilio del coro. Venne così alla luce un brano particolarissimo.

Il poema non si riferisce ad alcuna epopea in particolare, piuttosto l’Autore lo descrive come «espressione di uno stato d’animo». La trama è quindi a sfondo psicologico, una saga tutta interiore, reminiscenza della sua infanzia, delle sue sensazioni e delle sue profonde riflessioni, ma soprattutto confessione liberatoria. La struttura libera della forma contribuisce a ipnotizzare l’ascoltatore e a farlo penetrare in un universo personale che rimane però solo abbozzato; sarà in Cavalcata notturna e Levar del Sole e soprattutto nella Quarta Sinfonia che questo mondo intimo e personale troverà la sua più profonda identità musicale e armonica.

Il brano si apre su un pedale di legni armonizzato con accordi spezzati sulle quattro degli archi:

En saga

Un effetto onirico di grande efficacia, che suscita immediatamente un senso di attesa e ci introduce in un mondo arcaico, severo e misterioso, che solo dopo un lungo e progressivo accelerando troverà uno sfogo orchestrale di grande impatto sul tema principale, eseguito poi dalle viole in piano, nella sua interezza:

Sib

Prima della sua comparsa nella sezione degli archi, un’altra cellula tematica aveva percorso in maniera sempre più percepibile tutta la sezione dei legni, eseguita a un ritmo molto dilatato per poi stringersi progressivamente:
Sib3

Le cellule tematiche, inizialmente slegate e accennate, erano spesso da Sibelius enunciate durante ampie introduzioni, convogliando poi verso una sintesi che ricollegava e coagulava il tutto in un unico vero tema; questo procedimento compositivo, definito come tecnica dell’acqua pura da Sibelius,  sarà usato in maniera ancor più estesa nelle successive sinfonie:

«Vorrei paragonare la Sinfonia a un fiume. Essa nasce da diversi ruscelli che si creano l’un l’altro e così il fiume procede largo e potente verso il mare».

Questo estratto, tratto da una delle numerose lettere raccolte, spiega molto oculatamente la poetica naturistica sibeliana, e può essere applicata perfettamente a En Saga, come a molti altri poemi sinfonici.

Dopo il primo episodio, segue un secondo tema, di carattere molto più eroico, esposto prima dai violini e poi ripreso dagli ottoni:
Sib4

Questi due motivi saranno continuamente ripetuti, variati e sovrapposti all’interno della composizione, che arriva a durare circa 18 minuti in un’esecuzione media. Dopo l’ultima culminazione, En Saga si chiude su un memorabile solo di clarinetto, che si distende delicatamente sui ritmi ancestrali e tellurici dei pizzicati e del timpano in pianissimo.

Un sentimento di profonda malinconia pervade En Saga, e rimarrà una delle cifre stilistiche di moltissimi lavori successivi. C’è pero da notare che il tipo di espressione qui evocata si contrappone sempre a uno spirito indomabile che pervade ogni momento della composizione, in pratica abbiamo una duplice tensione emotiva nel brano, una volta alla meditazione e al ricordo, l’altra all’eroismo fiero e spavaldo degli ardori giovanili.
Dal punto di vista tecnico, possiamo apprezzare chiaramente la brutalità di un’orchestrazione di grande effetto, cui facevano riferimento i commenti dei due docenti a Vienna; un’orchestrazione però sempre efficacissima, anche senza ricorrere a straordinarie soluzioni in termini di volumi. La compostezza in termini di equilibrio sonoro deriva, infatti, dall’origine cameristica per cui inizialmente era stata concepita.

Dopo le prime esecuzioni, su suggerimento del caro amico e grande sostenitore Ferruccio Busoni, la composizione fu leggermente accorciata e “civilizzata”, e approntata nella versione che oggi conosciamo e ascoltiamo, anche se a discapito di una sezione armonicamente molto sperimentale. Esecuzione consigliata: Mikko Franck con la Swedish Radio Symphony Orchestra, per etichetta DECCA.


Massimo Spada

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